Librettista, critico, compositore, uomo di cultura appassionato e curioso, ma anche sensibile e profondo. Questo è Arrigo Boito, una figura ancora da approfondire e far conoscere al grande pubblico. Per questa ragione voglio farvi conoscere alcune sue poesie, dei versi che sono sia profondi che illuminati da una grande cultura. In conclusione troverete anche una poesia ironica molto curiosa diretta a una sua amica, di cui non si conosce esattamente l’identità. Da questa ultima poesia ne scaturisce anche un tratto scanzonato e furbo, tipico degli uomini ironici con grande personalità. Di certo la sua linea è sempre stata più diretta verso gli argomenti oscuri, macabri, tetri, che sono stati in pratica il filo conduttore principale della sua lirica.Ecco quindi che penso di poter parlare di uno spaccato di vita del grande compositore poco noto e che spero vi piacerà conoscere.
A voi la lettura di alcune poesie di Arrigo Boito:
Per la celebrazione di Frate Guido
Util di Guido regola suprema,
Misuratrice facile de’ suoni,
Solenne or tu laude a te stessa intuoni;
Sillaba eterna!
(Versi scritti da Boito nel 1882, su richiesta dell’amico Luigi Mancinelli, che doveva musicare un inno per l’inaugurazione di un monumento a Guido d’Arezzo, riformatore della musica. I nomi delle note Ut Re Mi Fa Sol La Si sono state volutamente messe in grassetto)
LE FOGLIE (...la première fautefut le premier poids...Victor Hugo)
Nascean le stelle; la lontana chiesa
emanava armonie.
Reprobamente
vagolando pe’ campi io le sentivo;
e una voce, repente,
surta dall’ombra e che parea d’un vivo,
gridommi a lato: " Tutto ciò che pesa,
uomo, ha peccato".
Io tutto mi restrinsi per paura,
né corpo vidi che paresse accanto;
la notte s’avanzava e in bel celeste
cangiava l’amaranto.
Era l’ora che fa le cose meste,
quando negli orti - fra le vecchie mura
errano i morti.
La sinistra parola m’avea scosse
le radici del core e all’aura bruna
vagavo al pari di corsier che aombra.
Le foglie ad una, ad una,
cadean dai rami lor, pagine d’ombra,
e in vol scosceso - parean carche mosse
da un grave peso.
Se non è fatua vision che illuda
la mente mia, pensai, qual è il peccato
che sì vi fuga, o foglie, intorno, intorno?
E allor la larva a lato
"Esse tremâr di voluttà quel giorno"
Mi rispondeva "che covrîr la nuda
bellezza d’Eva".
1864
A Giuseppe Ignazio Kraszewski poeta polacco e commentatore della Divina Commedia
Gloria, poeta, a te che vai chiosando,
a un popolo di màrtiri, l’eterno Poema del martirio!
Venerando
apostolo di Dante, in te discerno
più d’un segno d’amore e di coraggio.
Alla tua patria del Dantesco Inferno
narrando, in forte, in libero linguaggio,
molta scïenza insegnerai divina.
Al viaggio di Dante il rïo viaggio
della storia polacca s’avvicina.
O parallelo di dopia miseria:
Dante getta Satàna nella Caìna
e Dio scaglia lo Czar alla Siberia.
Settembre 1865, Mytski
POESIA E PROSA (alla signorina G.R.)
Se voi foste un color, sareste quello del geranio fiorito;
ed io vi porterei sul mio vestito
attaccata all’occhiello.
E se foste olezzo, voi sareste
l’incenso degli Dei,Iris, ginepro o maggiorana agreste;
ed io sternuterei.
Se un sapor foste, egli sarìa stupendo pizzicor di rosoli;
Io sarei, per quel caso, il Reverendo Canonico Ambrosoli.
Carme, sareste il Cantico de’ Cantici,
E gli organi giudeisuonerebbero a festa,
ed io sarei Il mantice de’ mantici!
Se foste vento, sareste Scirocco D’Algeri o di Marocco
Soffio arcano, bollente e Levantino; ed io sarei mulino.
Ora di questi versiresta ancora da vedersila lieta allegorìa
ch’è palese e nascosa: Siete la Poesia
ed io sono la prosa.
dicembre 1865