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lìrico agg. [dal lat. lyrĭcus, gr. λυρικός, der. di λύρα «lira2»] (pl. m. -ci). - 1. a. Presso gli antichi Greci, poesia l. (o melica), la poesia destinata a essere cantata o recitata con l’accompagnamento della lira; si distingue tradizionalmente una poesia l. corale, nata in area dorica e destinata al canto di un coro, soprattutto in occasione di agoni o di feste religiose, e una poesia l. monodica, da cantarsi a una voce, che ebbe i suoi maggiori rappresentanti nei poeti Alceo e Saffo di Lesbo e nello ionico Anacreonte. Con accezione moderna, poesia l., la poesia in cui predomina l’elemento e il tono affettivo, sentimentale, emotivo, al di fuori di elementi storici, epici, realistici, didascalici o moraleggianti; analogam., versi l., componimento l. (o assol. una lirica s. f.), il genere l., ecc. Poeta l., autore di poesie liriche; spesso sostantivato: anche Madama petrarcheggia come fosse un l. italiano del cinque o dell’ottocento? (Leopardi); i l. dell’Arcadia; antologia di l. greci. b. Per estens., di tutto ciò che è proprio della poesia lirica, o che ne ha i caratteri fondamentali, cioè calore d’affetto, rapimento fantastico, intensità di sentimenti, e sim.: tono, accento, impeto, trasporto, slancio l. (non solo nella poesia, ma anche nella prosa, e per estens. in altre forme d’arte); le parti l. di un dramma; i brani l. di un poema; narrazione che ha movimento, andamento l.; volo l., improvviso sollevarsi di un poeta (o di uno scrittore, di un oratore, e in genere di chi parla o scrive) a toni alati di linguaggio, ad accenti ispirati o anche soltanto enfatici (perciò spesso usato con senso iron.). 2. Musica l., o assol. lirica s. f., la musica teatrale, quella cioè che comprende i melodrammi (o opere liriche). Analogamente: genere l.; teatro l., teatro destinato alla rappresentazione di opere musicali (contrapp. al teatro di prosa), o, con valore collettivo, il complesso delle opere liriche, dei melodrammi; artista l., cantante l., cantante di opere; stagione l., il periodo dell’anno in cui un teatro (oppure un’arena, ecc.) rimane aperto per la rappresentazione di una serie di opere; enti l., enti locali, che provvedono all’allestimento della stagione operistica nei varî teatri. ◆ Avv. liricaménte, con tono, con accento lirico: una poesia liricamente ispirata; trattare liricamente un soggetto. (da Enciclopedia Treccani)
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Partendo dalla definizione ufficiale, molto precisa e approfondita, dell’Enciclopedia Treccani si evince che noi "lirici" siamo su questa terra da abbastanza tempo. Chissà quindi quante ne abbiamo vissute, quante ne avremmo da dire...Molte volte noi cantanti non possiamo parlare, o forse è meglio che non parliamo perchè infatti la nostra natura è in primo luogo emettere suoni, specificatamente con la bocca, altrimenti ci si definirebbe "parlanti" o meglio "oratori". Se un cantante parla spesso succede che un angelo muore in paradiso, o roba simile, in quanto difficilmente il suo giudizio sarà scevro da critiche o addirittura sentenze, specie indirizzate a qualche direttore artistico, direttore d’orchestra o anche collega (la cosa peggiore di tutte).Perchè avviene ciò? Perchè il mestiere del cantante è spesso pieno di amarezze, contraddizioni, cose illogiche a cui si deve sempre, in ogni momento, essere pronti a tener testa, quindi è comprensibile la necessità di sfoghi, di orazioni liberatorie, non c’è da biasimare un cantante in carriera se sbotta o a tavola diciamocelo "rompe i maroni". Si potrebbe dire che il canto, intesa come arte composta da tecnica sensibilità e ingegno, sia l’ultimo dei problemi del cantante. Il sapersi gestire è la cosa principale, rifulgere da sesso facile, scialacquare soldi, dagli aiuti fumosi, cortisonici o polverosi (bianchi) perchè il rischio di eccedere è davvero alto, la solitudine porta a rifugiarsi in queste costose panacee, che distruggono tutto ciò che di buono c’è in un essere umano.Se di eccesso di frequentazione femminile si tratta il detto livornese "la fìa ti fa’, la fìa ti sfà’" è assai calzante, come anche vale l’autoregolamentazione per chi di sesso "si autocompiace", si deve mantenere uno stile di vita assai monastico, in quanto il fisico necessita di riposo costante e in particolar modo prima e dopo le recite. La notte ci si ricarica e si riposano le membra, che vengono messe a dura prova durante le recite, per via delle ore di palcoscenico che comportano stare davanti al pubblico o sulle tavole, sotto i riflettori, in tensione o in totale vigilanza, con spesso addosso costumi, ammennicoli, dovendo fare movimenti, azioni sceniche, salti, piroette, entrate ed uscite più o meno veloci, una miriade insomma di cose che richiedono concentrazione, naturalezza, determinazione.Tutta la muscolatura durante la funzione del canto deve essere assoggettata alla morbidezza, non si può scappare da questo, è essenziale per il buon scorrere del fiato e per evitare rigidità alla corde vocali o alla gola. E’ necessario sgombrare la mente dai vari problemi che ci attanagliano, da quelli futili a quelli complessi, perfino quelli esistenziali, che si fanno vivi spesso proprio quando meno ci si aspetta, magari stimolati nella scena da qualche regista esaltato (troppi ce ne stanno!) che non sa distinguere una candela da un pugnale, un bacio da uno stupro, una barca da un macchina e via discorrendo. Tutte le esperienze vissute fanno da bagaglio al cantante e possono avvenire dei veri e propri psicodrammi interiori che vengono dissimulati con il canto, anche se a volte non compiutamente.Ecco che alcuni puntano sul cinismo, chiamato spesso "professionalità", per portare il ruolo in porto come una nave di linea, resistendo a tutte le maree e alle tempeste, con sicurezza e determinazione. Il fatto che il pubblico poi si ricordi maggiormente degli artisti "speciali" che si concedevano con mille difetti ma facevano venire giù il teatro è un altro discorso.Allenare il cuore sia spiritualmente che fisicamente è una buona cosa, troppi sono gli usi che si fa di questo fondamentale ispiratore e datore di vita, il sangue affluisce nei suoi atri come le note devono affluire nel cuore dei nostri spettatori .
Cantanti spettatori di se stessi.... Riguardarsi in un video spesso è la cosa più bella quando si è terminata una produzione, si sentono e si vedono i frutti di tanto lavoro. A volte si avverte del disagio, specie quando la recita non è andata come si vorrebbe. Ricordo grandi cantanti dolersi perchè proprio quel giorno della ripresa televisiva stavano male o giù di tono o hanno sbagliato un passaggio che mai avevano sbagliato.Ho sentito parlare del pianto di grandissimi cantanti impotenti davanti allo scorrere del tempo e quindi al calare della propria forma fisica, nomi importanti che hanno dato tantissimo al mondo della lirica, piangere come bambini perchè bloccati dal terrore, dalla loro condizione psicologica. Anima e corpo feriti dal passare del tempo.Questo sovrumano e direi nobile lavoro spesso purtroppo è minacciato da personaggi infami, inqualificabili, che frequentano il teatro sotto varie forme, e che non si curano altro di apparire, rappresentare se stessi, anzi bevono il nettare della insicurezza dei cantanti o dei direttori, si cibano dei momenti no, delle defaiances, organizzano o vengono organizzati in cordate per denigrare in teatro e sui siti/blog dell’opera persone, magari istigati (e pagati!) da qualche altro cantante o direttore o peggio agente teatrale. Ormai di questi personaggi ne conosco diversi, nome per nome, di alcuni grazie a Dio non se n’è sentito più parlare. Adesso so, grazie alla mia appartenenza, come operano e si muovono con abbastanza chiarezza. Un numero limitato di iene che non andrebbe fatto entrare in teatro nemmeno pagando il più salato dei biglietti.Perchè avviene questo? Perchè non hanno compreso che il canto è arte, sublime incanto, verità (se un cantante è scarso non va applaudito per forza ma semplicemente NON va applaudito o anche va contestato), ma soprattutto professione, non c’è posto per il divertimento cinico e l’approfitto economico o di visibilità, il canto è meritocratico: o si è o non si è. Non è un passatempo, un modo per sollazzare orecchie, lingue biforcute o voluttuosi augelli. Per cercare ragazzi palestrati o donne disponibili ci si può rivolgere a personale specializzato in incontri piccanti, non consultando le stagioni dei teatri.E questo va avanti da sempre, ma negli ultimi anni si vede una riduzione della offerta professionale, e quindi anche aumentano i falchi che si cibano della carne dei cantanti, i quali sono sempre più sottopagati e quindi non si possono nemmeno liberare da alcune situazioni vessatorie o di contraddizione umana. Spero vivamente che l’essere cantante lirico sia una professione riconosciuta sempre di più, tutelata, specie in Italia patria del melodramma e di tanti grandi artisti lirici, che ci sia più riconoscimento per i lavoratori dello spettacolo, anche per le maestranze che si spaccano la schiena spesso al buio dei riflettori senza grandi gratificazioni, per i musicisti che dopo una vita intera passata a studiare e a perfezionarsi talvolta vedono sprecato il loro talento a causa di mancanze di sensibilità, di una guida certa e illuminata, un ambiente di fiducia dove vige la pulizia e la meritocrazia. Nella mediocrità regna sovrano l’approfitto, la spregiudicatezza, la volontà di alcuni dirigenti di accontentare tutti tanto per rimanere a sedere nel posto dorato, senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze umane e qualitative che questo atteggiamento determinano.La voglia insomma di continuare a far brillare i nostri teatri e onorare con il nostro canto quest’arte che il genio umano ha donato all’universo come lascito sublime per le generazioni avvenire e chissà per quando noi stessi, umani, non saremo più su questo pianeta.A.C.