Una piacevole conversazione con il giovane talentuoso regista Lorenzo Giossi, durante la produzione del Don Giovanni di Mozart presso il Teatro Verdi di Pisa dove è direttore di scena. Questa è l’inizio di un nuovo ciclo di interviste, che come tradizione, saranno rivolte ad artisti lirici e registi, ma anche compositori di musica contemporanea con una apposita sezione dedicata nel nostro sito.Troverete presto sul gruppo "L’Opera Lirica dal Loggione & Musica in Opera" delle anticipazioni importanti su progetti relativi alla musica classica contemporanea, senza tralasciare la lived experience di molti artisti del passato.
- Mi ricordo che avevo voglia dimettermi alla prova; così rubai l’agenda a mio padre e chiamai unteatro a caso chiedendo di farmi fare qualsiasi cosa anche gratis, apatto di avere il nome sul programma di sala per i creditiscolastici. Così cominciai a piantare i chiodi, ad aggiustareattrezzeria e ad aiutare alla regia. Il cosiddetto Jolly. Poi PaoloPanizza mi chiese di fargli da assistente alla regia e da li conobbipoi Federico Bertolani a cui feci da assistente .. da qui partìtutto. Per poi arrivare al debutto alla regia di Elisir d’Amoreal Teatro Sociale di Bergamo vissuto con tanta emozione, orgoglio epaura. Questa gavetta mi ha insegnato ad apprezzare ogni posto incui si fa teatro: da grande al piccolo e a comportarmi nel piccolocome nel grande. Anche oggi i sentimenti sono gli stessi. Ogniproduzione è sempre la prima anche se il titolo è ben masticato..l’adrenalina e l’emozione non ti mollano mai , soprattutto sepenso di essere molto fortunato a fare ciò che faccio alla mia etàtrovandomi a firmare allestimenti in teatri come Carlo Felice diGenova o Verdi di Trieste.
- Inquale campo ancora vorresti sperimentare, pensi che ci sia ancoraspazio per innovare più nella scenografia o nella regia di unospettacolo?
Non mi dispiacerebbe sperimentarmianche nel musical e chissà nel cinema, ma sono sogni per ora.Diciamo che regia e scenografia per me vanno di pari passo. Lascenografia è l’espressione visiva di un particolare concettoquindi l’innovazione è possibile in entrambi i campi e ce n’èdi strada da fare. Ogni giorno cambiamo e scopriamo cose nuove.
- Seianche attore ho visto. Cosa hai portato in scena e quale ruolo tipiacerebbe interpretare in qualità di attore?
Ho anche la fortuna a volte dipoter recitare. Con la mia compagnia ho portato in scena prima duetesti da me scritti "Equivoci" e "Dietro a un grande uomo"per poi arrivare a "Non per soldi ma per denaro" liberamenteadattato dal film di Billy Wilder con Luca Mauli. Un personaggio chevorrei interpretare? Felix ne "La strana coppia" che sentoparticolarmente vicino, un vero e proprio sogno nel cassetto. Poi latesta frulla e le idee e i progetti non si contano.
- Hovisto che con grande versatilità ami realizzare in prima personatutto ciò che concerne un tuo spettacolo (scenografie, costumi, ideadi spettacolo). Cosa pensi del "teatro virtuale" ovverodegli allestimenti scenici consistenti in proiezioni digitali?
Questa versatilità è nata in uncerto senso dalla necessità lavorativa schiettamente parlando.Essendo anche scenografo e pittore riesco a conciliare facilmente la parte creativa con quella costruttiva. Ritengo che regia,scenografia e costumi vadano di pari passo appunto. La tecnologiacerto può aiutare ma non dobbiamo dimenticare cosa il teatro è:ossia pezzettini di carta bianca per fare la neve per intenderci.Credo che il teatro sia uno degli ultimi luoghi dove l’artigianatopuò trovare espressione. In teatro uno straccio ben illuminatopuò diventare velluto. Questa è la magia del teatro che ancoracommuove. La proiezione certo può aiutare tantissimo, ma è unlinguaggio diverso che ben può integrarsi sul palco. Ma si deveprestare attenzione a non fare un collage tra oggetto 3D eproiezione. Credo che si possa fare teatro con proiezioni ma chetali mezzi vadano usati come un linguaggio a parte, nuovo, in quantoopera d’arte e non solamente per dare l’illusione di unpaesaggio. Se un proiezione c’è deve vivere come opera d’artee su di essa va progettato lo spettacolo.
- Qualè l’opera a cui sei più legato?
Sono due le opere a cui sonolegato particolarmente . Sono Macbeth e Rigoletto di Verdi. SuMacbeth realizzai la mia tesi di laurea all’acccademia di BelleArti di Bologna. Rigoletto è particolare e mi colpisce sempre dipiù: porta la vita vera sul palco con tutte le contraddizioni di unessere umano a seconda dei contesti sociali in cui è immerso. Perintenderci Rigoletto è un padre, ma è anche un buffone che gode afar condannare a morte le persone, è amorevole, protettivo evendicativo, si vergogna di se stesso , ma deve lavorare.
- Ancheio come te condivido il grande piacere e onore di avere un padre euna madre artisti, quanto è importante vivere in prima persona ilteatro, quanto lo è stato potendo assistere o addiritturapartecipare attivamente a spettacoli a fianco del tuo grande padreMarzio Giossi, le tue sensazioni e i desideri che ancora tiaffascinano
Si parlava prima di fortuna. Unafortuna enorme è stato vivere dentro il teatro fin da piccolissimo,osservandone i meccanismi più profondi. Dalle prove di regia, aidirettori illustri che mi spiegavano lo spartito, al carpire isegreti del trucco una volta che raggiungevo mio padre in camerinoper portargli un caffè, osservare il lavoro sartoriale, i cambi discena, le prove luci, le letture d’orchestra, le prove musicali,gli inviti dopo lo spettacolo. Fin da piccolissimo ho respiratoquest’aria nei teatri più importanti del mondo: la prima scuolaper così dire. Una fortuna immensa. Ciò mi ha permesso anche diimparare a memoria molte opere di repertorio e non e di assistere apiù allestimenti dello stesso titolo ovviamente. Ricordo tutto congratitudine. Non è stata una vita facile. A scuola non tutticapivano i miei viaggi ovviamente ma sapevo che qui volevo arrivaree mi ritengo molto privilegiato dalla sorte. A volte mi capita dilavorare al fianco di mio padre, sempre esperienza unica. Unoscambio muto di emozioni e stima reciproca.
- Ilteatro del futuro. Quale sarà la sua importanza nella società perle nuove generazioni? Come leggere i segnali di rinnovamento chemolti registi, specie nel nord Europa, lanciano anche senza tabù ?Pensi che la tradizione possa ancora avere un ruolo o dovremmoabbandonare il teatro lirico classico?
Questa ultima domanda è moltoimportante e molto impegnativa. Personalmente ritengo che il teatromandi sempre messaggi nuovi alla società del suo tempo. Il teatro èeterno proprio per questo. Sta a noi scavare nelle opere per farneemergere i significati più nascosti e più attuali proprio perchéeterni. Il teatro deve far si che lo spettatore esca diverso dallasala. Credo personalmente in un teatro povero costituito damateriali semplici, che possa farsi capire da tutti. Inpalcoscenico i significati e i concetti si ribaltano. Mai chiudersiin sala come se questo strano luogo fosse espressione solo deinostri pensieri. Il teatro deve inserirsi nella società perchésolo nella società trova senso. Il teatro deve scuotere lecoscienze. Gli allestimenti del nord Europa possono essere più omeno apprezzabili ma sicuro vanno in direzione di rottura. Bisognaguardare sempre oltre. Mai accontentarsi di ciò che già si sa.Ogni opera rivela sempre qualcosa di nuovo. Ritengo oltretuttofondamentale la cosiddetta tradizione: termine che non amo usare inquanto l’opera va oltre certe restrizioni linguistiche.Sicuramente mai dobbiamo dimenticare quelle che sono le nostreradici e i grandi maestri che ci hanno preceduto. La tradizioneserve eccome... è la nostra base. E’ il nostro trampolino dilancio per poi poter scoprire altro.
- Comereinventare il Teatro?
Con lostudio. Partendo dal presupposto che il teatro vive se viviamo noi,che il teatro è fatto di persone dietro le quinte e in sala, senoi studiamo, ci informiamo e non perdiamo quella luce negli occhi(che non è facile mantenere) il teatro avrà sempre nuova linfa.Reinventare il teatro non vuol dire solo creare allestimenti diversio innovativi ; vuol dire anche pensare il teatro per tutti. Portarlonelle strade, sui marciapiedi, fino al grande edificio storico conla buca d’orchestra e i palchi. Tendo a considerare moltol’aspetto umano perché da quello nascono nuovi modi di intenderee comprendere i personaggi di un dramma, li sentiamo a noi vicini equindi possiamo farli conoscere agli altri in modo semplice echiaro, qualunque sia il luogo dove operiamo. Di conseguenzapossono nascere tecnologie, materiali e modi nuovi di fare teatro.
- Qualisono i tuoi impegni futuri?
Prossimamente sarò a Trento colTeatro Verdi di Pisa come direttore di scena nel Don Giovanni diMozart, a marzo debutterò Lucia di Lammermoor regia scene ecostumi con Associazione Mario Del Monaco di Modena e al TeatroDuse della mia Città, Bologna l’inganno Felice di Rossini regiascene e costumi.
Un grande in bocca al lupo per tutti i tuoi impegni e per la tua carriera, certo che ti riserverà delle belle soddisfazioni. Grazie a voi della lettura di questa intervista, vi invito a seguire tutte le iniziative e i contest del nostro gruppo Facebook. Alla prossima,Alessandro Ceccarini