Grazie alla piattaforma online ITsART ho potuto vedere il Falstaff , Opera ultima di Verdi, andato in scena nel Teatro del Maggio Fiorentino nella fine Novembre/inizio Dicembre del 2021.
Le mie impressioni sono quelle dello spettatore a casa che analizza una produzione senza il calore del Teatro, gli applausi, le risatine del pubblico e persino il bis del finale che viene tagliato in post produzione.
E sappiamo quanto, soprattutto un’Opera comica, abbia la necessità di un’interazione e del feed-back immediato con il pubblico. Quasi che ci si aspetti applausi e sghignazzi come note sullo spartito.
Tuttavia, se si esclude questo aspetto, l’Opera è tecnicamente perfetta, con un’alta qualità dell’immagine e una regia televisiva accurata. Il che ne fa un ottimo prodotto sebbene non ci sia modo di scaricarla per conservarne una copia e non ci sia la possibilità di accedere ai sottotitoli il che è piuttosto grave soprattutto nei confronti dei neofiti.
Fatta questa breve, ma necessaria, premessa veniamo al dunque.
“Falstaff” ha il suo fulcro nel grande e grosso personaggio shakespeariano che viene descritto in ben due opere: L’Enrico IV e le allegre comari di Windsor, e citato infine alla sua morte nell’Enrico V.
Un uomo avvezzo ai piaceri della carne e alla truffa, pieno di se, ma non privo di simpatia. Un uomo di spirito, bugiardo e privo di scrupoli, che riesce ad uscire dalle situazioni più scomode con scaltrezza.
In definitiva un personaggio comico protagonista di un’opera buffa.
Se si esclude “ Un giorno di Regno” realizzato in età giovanile Il Falstaff rimane l’unica Opera giocosa di Verdi e ciò avviene a fine carriera sulla soglia degli ottant’anni quando ormai della vita ha conosciuto e provato tutto, e allora forse l’ironia diventa la giusta lente attraverso la quale leggere le vicende umane.
Essenziale è la complicità con Arrigo Boito che scrive per lui un libretto che tratteggia ogni personaggio in modo preciso sviluppando una perfetta sinergia tra Poesia e musica. Una musica che segue il flusso del dialogo tra gli interpreti.
L’allestimento è quello, tutto nuovo, del Teatro stesso.
Belli i costumi di kevin Pollard, dalla foggia seicentesca. Permettono di calarsi immediatamente nella storia e nell’ambientazione.
Le scene di Julian Crouch sono essenziali e pratiche, e le luci di Alex Brok incidono in modo da dare risalto ai personaggi e ai colori.
La regia di Sven-Eric Bechtolf è coerente con la trama, mai eccessiva, e lascia gran spazio alle capacità interpretative dei cantanti.
L’orchestra del Maggio Fiorentino è abile a seguire le direttive del Maestro John Eliot Gardiner che imprime tempi alquanto dilatati ma che denotano un’indagine accurata della partitura con la volontà precisa di far emergere gli infiniti colori di un’Opera che appare sempre nuova e incredibilmente
attuale perché indaga a fondo sulla natura umana.
Su tutti giganteggia il baritono Nicola Alaimo. Splendido Falstaff dotato di tutte quelle sfumature vocali e interpretative che rendono il personaggio vivo e complesso.
Colore vocale, potenza e declamati incisivi e graffianti di chi pensa di saperne sempre una più del diavolo. A completare il quadro un fisico all’altezza del ruolo, straripante, eccessivo, tronfio, dal gesto studiatissimo e dal volto simpatico.
Accanto a lui abbiamo l’altro baritono Simone Piazzola nel ruolo di Ford, ottima spalla per Falstaff nel duetto del secondo atto quando si presenta sotto le mentite spoglie del Signor Fontana mentre nel monologo “O sogno o realtà…” restituisce al personaggio la drammaticità di chi è convinto di essere stato tradito.
Bardolfo e Pistola, interpretati rispettivamente da Antonio Garés e Gianluca Buratto, caratterizzano in modo egregio i due seguaci di Falstaff aiutati da una gestualità efficace da due credibilissime “facce da galera”.
Ugualmente buon caratterista si dimostra il Dottor Cajus interpretato da Christian Collia.
La coppia Fenton (Matthew Svensen)/ Nannetta (Francesca Boncompagni) sviluppa l’intreccio amoroso in modo funzionale alla trama principale. Buono il duetto del primo atto dove abbiamo il momento più lirico “Bocca baciata non perde ventura…”.
Il gruppetto delle Comari è costituito da voci importanti a cominciare dal soprano Aylin Perez che ha già portato in scena il ruolo di Alice Ford sia al Metropolitan che al Bayerische Staatsoper, continuando con Caterina Piva nel ruolo di Meg, giovane e promettente mezzosoprano per finire con il contralto Sara Mingardo che non ha bisogno di presentazioni. Il suo repertorio è vastissimo e va dalla Rosina del Barbiere di Siviglia di Rossini, alla Carmen di Bizet, da Andronico nel Tamerlano di Haendel al requiem di Mozart. Qui la troviamo a suo agio nel ruolo di Mistress Quickly, una donna astuta che sa come far leva sulla vanagloria di Falstaff per riuscire a farlo cadere in trappola.
Il finale in coro del “Tutto il mondo è burla…” è probabilmente il momento più atteso e non delude.
Tutti bravissimi e l’Opera si conclude in un tripudio di applausi meritati, in un finale che si concede il lusso di guardare ai mali della vita con un sorriso benevolo e quasi di superiorità perchè, tutto sommato, “ L’uom è nato burlone”.
di Loredana Atzei