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Salomé
Di Richard Strauss (1864-1949)
Libretto di Oscar Wilde, traduzione tedesca di Hedwig Lachmann e arrangiato dal compositore.
Orchestre de la Suisse Romande
Direzione musicale: Jukka-Pekka Saraste
Regia: Kornél Mundruczó
Scenografia e costumi: Monika Korpa
Luci: Felice Ross
Salomè, figlia di Erodiade: Olesya Golovneva
Jochanaan, il profeta: Gábor Bretz
Erode, tetrarca di Giudea: John Daszak
Erodiade, moglie di Erode: Tanja Ariane Baumgartner
Narraboth: Matthew Newlin
Il paggio di Erodiade: Ena Pongrac
Primo soldato: Mark Kurmanbayev
Secondo soldato: Nicolai Elsberg
Primo giudeo: Michael J. Scott
Secondo giudeo: Alexander Kravets
Terzo giudeo: Vincent Ordonneau
Che la musa dell’opera non abbia scagliato le sue ultime frecce nel 1800, ma abbia varcato la soglia del ventesimo secolo, può sembrare strano agli appassionati di Sanremo. Tuttavia, gli amanti dell’opera trovano molte soddisfazioni nel cercare lavori magnifici in un primo Novecento costellato da tensioni politiche estreme, ma anche da capolavori derivanti dalla corrente impressionista.
Richard Strauss (per la cronaca, senza alcun legame di parentela con la famiglia dei valzer viennesi…) è senza dubbio da considerare uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, sia per la varietà che per la qualità delle sue composizioni.
La trilogia Salomè – Elektra – Rosenkavalier è certamente una delle più amate dal pubblico mitteleuropeo, ma purtroppo meno frequentata nei paesi latini. La loro drammaticità e il flusso musicale immergono lo spettatore in una tensione emotiva costante.
Ginevra ama Richard Strauss e ancora ci sovviene un’incredibile Elektra del 1990, con Gwyneth Jones (Elettra), Leonie Rysanek (Clitemnestra) e la direzione di Jeffrey Tate. Una delle rarissime volte in cui abbiamo visto il pubblico del parterre alzarsi per una standing ovation.
Chi ci legge sa che non siamo contrari alle trasposizioni temporali di un’opera, se queste sono fatte in modo intelligente e coerente. Ed è proprio questo il caso di questa edizione. Ci ritroviamo in un rooftop bar di un hotel newyorkese con arredamento anni '80: lunghi divani bianchi, lampadari un po’ datati, un gruppo di hostess in minigonne, alte su tacchi. Erode, con la sua chioma bionda, ricorda furiosamente l’attuale inquilino della Casa Bianca… ricchezza, potere, perversione erotica, un mix esplosivo che si riflette nella musica e nelle voci.
Una splendida Orchestra della Svizzera Romanda è diretta con audace finezza e passione da Jukka-Pekka Saraste.
Malgrado una voce che non raggiunge la vastità richiesta dal personaggio, il soprano Olesya Golovneva, alla sua prima interpretazione del ruolo, si immerge con passione e dedizione nel personaggio di Salomè, catturando l’attenzione non solo per la sua vocalità, ma anche per la straordinaria intensità della sua recitazione. Nel ruolo del profeta Jochanaan, il baritono Gábor Bretz lascia un segno profondo, la sua interpretazione è potente e travolgente. Il tenore John Daszak sembra lottare con la difficile tessitura acuta e ardente di Erode, mentre Matthew Newlin riesce a incarnare con bravura l’intenso desiderio e la frenesia per Salomè, rendendo tangibile la sua passione sconfinata.
di A. Indaco
(Photo credit: Magali Dougados)



