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Nel cuore pulsante di Trapani, in mezzo agli straordinari ficus allâinterno del Teatro allâaperto dedicato a Giuseppe di Stefano, il regista Salvo Piro concede unâintervista per parlare di questo nuovo allestimento dellâ Ente musicale del Luglio Trapanese.
E lo fa con grande passione.
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Come nasce questa Traviata?
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Guarda che meraviglia ( si guarda intorno sorridendo a mostrare gli alberi allâinterno del teatro ). Solo in un posto potevamo lavorare ad unâidea di questo genere. PerchĂŠ qui câè la potenza della natura. Non esiste un altro Teatro al mondo che abbia questa bellezza.
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Quindi la natura gioca un ruolo importante in questa produzione?
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Esattamente. Per giorni abbiamo cercare di ricreare quella sensazione di foglie che brillano. A studiare il loro movimento. Gli alberi sono dentro la rappresentazione. Noi li illuminiamo tutti per ben tre volte nellâOpera proprio per avvolgere il pubblico in questo abbraccio.
E lentamente vediamo la natura emergere nella storia di Violetta.
Inizialmente partiamo con delle piante rinsecchite ai lati del palco che sono quelli che noi chiamiamo âi due desertiâ e che simboleggiano Parigi cosĂŹ come ce lo racconta Violetta, ossia âQuel popoloso deserto che appellano Parigi...â .
Poi questa natura avanza e la vediamo irrompere in scena.
Per esempio quel divano si coprirĂ di edera, e anche il tavolo, e la natura inghiottirĂ tutto e si riapproprierĂ dello spazio.
Ed è questo che raccontiamo in questa Traviata.
Non tanto lâamore carnale fra i due, di cui sappiamo ogni posizione, ogni angolo, ogni sfumatura. Proviamo a raccontare lâaltro aspetto, un poâ piĂš metafisico. Che poi tanto metafisico non è. Eâ altrettanto carnale poichĂŠ è segnato dalla malattia.
E anche la malattia fa parte della natura. Di questa natura che si ribella e che alla fine prende il sopravvento.
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Chi è la tua Violetta?
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Una mantenuta certo, ma soprattutto una donna sola e alcolizzata. La sua malattia è questa.
Nel preludio raccontiamo proprio questa sua solitudine. Le sue notti trascorse insonni con la compagnia della bottiglia. Lei cerca di scappare da questa gabbia ma non riesce perchĂŠ câè questo deserto che la blocca.
Questi deserti evolvono in un deserto di sedie, e poi nel secondo atto entra in scena il prato.
Eâ infatti, nel preludio del terzo atto, che lei incontra la sua parte bambina.
Quella che lei ha lasciato in Normandia prima che cominciasse ad essere stuprata.
Attraverso una fotografia cinematografica vediamo questa bambina sul fondo e con le luci illuminiamo tutto il bosco dietro il palco ottenendo un effetto di profondità straordinario. Questa bambina prima è lontana, poi si avvicina e nel preludio al terzo atto entra in scena finchÊ nel finale le due donne si ricongiungono.
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Dalle note di regia nel libretto di sala si evince che avete lavorato su tre personaggi per dare vita a questa Traviata.
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Esattamente. Câè Alphonsine la donna reale, câè la Marguerite Gautier del romanzo di Dumas e la Violetta del capolavoro Verdiano. Tutto il primo atto, in particolare, lo facciamo come se fosse il dramma di Dumas perchĂŠ, ad esempio, il coro non è in scena. Quello che noi vediamo intorno a quel divano e a quel tavolo è una scena che sembra di teatro di prosa, non sembra di lirica. In questo piano girevole mettiamo in scena il dramma di Alexandre Dumas, mentre il coro abita perlopiĂš la zona dietro il trasparente, e in fondo câè appunto la Normandia e Alphonsine. E quindi questi tre personaggi Margherita, Violetta e RosaâŚPerchĂŠ poi ricordiamo che Alphonsine si chiamava Rose, anche questo fatto non è un caso. Le tre donne hanno tre nomi di fiori.
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Quindi ancora la natura come filo conduttore.
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In realtĂ tutta lâOpera di Verdi è un continuo riferirsi alla natura. Pensiamo anche ad esempio a quella frase abbastanza enigmatica che lei dice nel secondo atto al Alfredo âSarò lĂ tra quei fiori presso a te sempreâ.
Uno si chiede, Ma lĂ dove? Ma di quali fiori sta parlando? Dove gli da appuntamento?
In realtĂ io penso di avere trovato una risposta a questa domanda.
Sono i fiori dove lei per la prima volta bambina ha immaginato questâuomo nei suoi sogni. Proprio per questo abbiamo aperto un taglio che è la ripresa dellâaria âAh forse è lui che lâanimaâŚâ. La seconda parte di tradizione non si fa. Ho chiesto io di riaprirla perchĂŠ lĂ lei dice una cosa fondamentale che ci fa capire la sua storia. âA me fanciulla, ( quindi parla proprio di lei ragazza) un candido e trepido desire questi effigiò dolcissimo signor dellâavvenire, quando nei cieli raggio di sua beltĂ vedea e tutta me pascea di quel divino errorâ.
Ecco, qui lei spiega proprio questa sensazione di lei bambina che guardando il cielo, la natura, questi raggi del sole, la meraviglia della Normandia, intravede questo signor dellâavvenire, che non si sa bene chi è: Un Angelo, una visione, lâUniverso, il tempoâŚnon lo so. Ma lei racconta di questa esperienza come di una promessa. Quindi il riconoscimento di Alfredo da parte di Violetta avviene su questa base. Cioè lei identifica in Alfredo questa parte diciamo cosĂŹ, non so se chiamarla angelicaâŚdiciamo metafisica, che li lega attraverso questa unione con la natura.
Non è un caso che tutti e due vengano dalla campagna. Lui dal Sud e lei dal Nord. Lui dalla Provenza, il mare, il sole e la lavanda, e lei dalla Normandia.
E questo è un altro di quei temi forti e naturalistici che ci sono nellâOpera e sui quali abbiamo cercato di lavorare.
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Abbiamo conosciuto Violetta. Ma chi è dunque Alfredo?
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Violetta dice di lui âmodesto e vigileâŚâ e su questo abbiamo costruito il personaggio. Non è il tenore bello e affascinante che entra e conquista la donna dei suoi sogni. Se fosse stato cosĂŹ non avrebbe rappresentato nessuna novitĂ per Violetta abituata al bel mondo e a uomini fascinosi. Qui invece Alfredo è un campagnolo, un bravo ragazzo, che arriva ad una festa dove sono tutti ragazzi del Jet-set. Il contrasto è evidente da subito. Questi nobilastri lo mettono in difficoltĂ e in ridicolo. Fa il suo ingresso con questo mazzo di rose rosse mentre câè il Barone che regala a Violetta un bracciale di diamanti. Eâ chiaro che giocano su piani diversi. Violetta è abituata al lusso e lui le offre dei semplici fiori che lei prende e butta nel cestello del ghiaccio senza dare inizialmente troppo peso a questo gesto.
Eppur è proprio questa modestia e questa dolcezza dâanimo che farĂ breccia nel suo cuore.
Alfredo si sente cosĂŹ tanto fuori posto che quando arriva al brindisi si zittisce perchĂŠ è mortificato. Vorrebbe scappare. Câè un altro momento molto tenero ed è quando lui le porta un biglietto che ha scritto per lei.
In un mondo che si esprime solo attraverso i telefonini, lui arriva con queste rose rosse e le porge un biglietto prima di cantarle lâaria.
E lei rimane con questo biglietto in mano e lo guarda come a dire: ma da dove sei venuto fuori?
Per lei Alfredo rappresenta una novitĂ .
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Alfredo è una novitĂ cosĂŹ come del resto per Violetta è una novitĂ lâamore.
Parliamo dunque della sua malattia. Come hai sviluppato questo aspetto?
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Violetta è malata indubbiamente. Noi non facciamo una prognosi però mostriamo la sua malattia. Malata di cosa? Fondamentalmente è malata nellâanima. Eâ unâalcolizzata.
Nel preludio Violetta ha in mano una bottiglia di alcol che nel terzo atto diventa una bottiglia dâacqua. Nel primo atto il tavolo è un piano bar, ma nel secondo atto le bottiglie sono sostituite da succhi di frutta. In tutto questo câè il racconto di come lei guarisce dallâalcolismo.
Anche se poi, con lâabbandono di Alfredo, ricade nella sua malinconia autodistruttiva.
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Come avete impostato il finale?
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Nel finale la natura irrompe sulla scena.
In qualche modo Violetta è giĂ serena. Comincia lâatto confidando al Dottore :âMi confortò iersera sera un pio ministroâ.
Ed è la prima notte che lei riesce a dormire.
Quindi lei parte da questa serenitĂ . Lei è sofferente però con la testa, e con il cuore, è giĂ da unâaltra parte.
Ed è per questo che alla fine, per me, non muore.
Quando lei dice : âIn me rinasce mâagita insolito vigor, Oh gioia!â. Lei rimane cosĂŹ.
Ed è li che si riabbraccia con quella bambina che ha visto durante tutta lâOpera.
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PerchĂŠ la scelta di ambientare La Traviata ai giorni nostri?
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Abbiamo voluto una Traviata contemporanea come la voleva Verdi. Eâ stata una sfida. Volevamo vedere davvero cosa sarebbe successo se la Traviata fosse stata ambientata qui, oggi. Ma soprattutto era importante cercare di capire cosa ha da dirci ancora questa storia. Eâ stata ambientata come se si trattasse di una terrazza, frequentata dai ragazzi ricchi, nobili, anzi, piĂš che nobili, nobilastri, della Trapani del 2022. E ci siamo chiesti: âChe effetto fa una storia cosĂŹ oggi?â E devo dire che secondo me fa ancora effetto.
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Per quanto riguarda la parte musicale?
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Io e Simone ( Il M° Simone Veccia ) abbiamo lavorato insieme fin dal primo giorno. Io assistevo alle prove musicali e lui alle prove di regia. Câè stata complicitĂ .
Ad un certo punto, nel primo atto, faccio fare una cosa un poâ da cabaret.
Gastone, quando chiama il brindisi, viene avanti e fa un gesto al Direttore come a dire âPrego Maestro.â, e lo fa proprio per segnalare questo rapporto che câè stato tra Regia e Direzione Orchestrale.
Con lui ho lavorato pagina per pagina sulle intenzioni per verificare che le cose che stavamo mettendo in scena potessero essere cantate nel modo giusto e con le intenzioni giuste.
Lâopera è quasi integrale.
Abbiamo fatto tanto lavoro in poco tempo. Abbiamo realizzato questa produzione in sole due settimane e con costi bassissimi. E tutto questo è stato possibile grazie ad un cast fresco e giovane.
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Ringraziandoti per averci descritto cosĂŹ bene il dietro le quinte, vorrei concludere con un ultima domanda. Comâè il mondo dellâOpera oggi?
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Vedendo questi giovani che cantano dobbiamo pòrci il problema di cosa sarĂ il futuro dellâOpera. Bisogna porsi delle questioni anche di produzione. Lâopera deve ritornare popolare. Deve essere unâindustria dove si lavora veramente al top della qualitĂ , che non vuol dire solo tanti soldi.
Si può risparmiare sui costi ma non dobbiamo mai risparmiare sulla qualità .
Come la Traviata che abbiamo portato in scena e in cui è quasi tutto riciclato, eccetto i costumi.
E la qualitĂ si ottiene come? Con il tempo di lavoro.
Avere anche solo una settimana in piĂš consente di portare a termine tutte quelle intenzioni che altrimenti rimangono solo abbozzate.
Quindi solo avendo abbastanza tempo si riescono a fare bene le cose.
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Approfitto anche della disponibilitĂ del nuovo Direttore Artistico Walter Roccaro per rivolgergli qualche domanda. Dopo un periodo turbolento per lâEnte, insieme allâAvvocato Natale Pietrafitta in qualitĂ di Consigliere Delegato, approda allâEnte Luglio Musicale trapanese giusto in tempo per ripartire con la 74^ stagione lirica e con un programma allâinsegna delle emozioni ma anche, e soprattutto, delle idee.
A lui chiedo di commentare il suo nuovo incarico e i propositi per la nuova stagione.
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La nuova governance dellâEnte Luglio Musicale Trapanese ha dovuto fare un atto di grande coraggio e responsabilitĂ perchĂŠ se non avessimo deciso di metterci in gioco e di accettare queste nomine, lâAvvocato Pietrafitta quella di Consigliere Delegato ed io quella di Direttore artistico , sarebbe probabilmente saltata la stagione.
Semplicemente perchĂŠ non ci sarebbero stati i tempi tecnici per poter svolgere il lavoro in maniera fruttuosa. Ci siamo assunti quindi questa responsabilitĂ in nome, intanto, del valore sociale della musica e poi, in particolare, nei confronti della cittĂ .
Il teatro Di Stefano è un Teatro di tradizione, e la tradizione segna sempre un rapporto molto stretto tra il passato, il presente e il futuro e quindi ci è sembrato giusto ârischiareâ. La mia nomina scade il 30 settembre: pertanto, non mi sembra opportuno parlare ora di programmi futuri; nel caso dovessi essere riconfermato, ne potremo parlare piĂš in lĂ .
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Avete un programma che, oltre alla musica sinfonica, mette in scena tre grandi opere: Avete portato Tosca a Luglio, LâElisir dâAmore è previsto per il 25 e il 27 Agosto, e il 4 e il 6 di agosto avete dato vita ad una Traviata con un nuovo allestimento che punta tutto sullâoriginalitĂ e su unâidea forte legata alla natura. Come è nata questa idea?
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Questa Traviata in realtà è un titolo voluto proprio dalla nuova governance in sostituzione de Il Trovatore che però, rispetto alle disponibilitĂ di budget e di bilancio, di fatto non poteva essere realizzato, anche perchĂŠ câerano stati dei ritardi nella creazione delle scene. Quindi, messo da parte Il Trovatore, abbiamo pensato che un titolo fungibile potesse essere La Traviata perchĂŠ ci consentiva di rimanere nellâambito dellâOpera Verdiana e perchĂŠ è un titolo tradizionalmente molto attrattivo.
Allora li è subentrato un criterio che è stato quello di fare di questo nuovo allestimento anche un poâ un simbolo della situazione che lâEnte stava vivendo e parlando con il Regista, con lo Scenografo e con il Direttore dâOrchestra si è trovata una modalitĂ di lettura dellâOpera che sposava esattamente la nostra posizione di Ente, ossia la volontĂ di rinascere.
Parlo anche del Direttore perchĂŠ la scelta narrativa è stata supportata da una lettura musicale molto asciutta in cui quello che si è inteso mettere in evidenza era veramente lâessenza di tutto. Lâessenza dei personaggi, lâ essenza di Violetta, lâessenza della musica Verdiana.
Far riferimento allâeliminazione degli orpelli ha riguardato un poâ tutto lâallestimento, e in questo câè stato davvero un grande gioco di squadra che si è svolto in maniera naturale, spontanea. Câè stata una casuale coincidenza di valori e questo ci ha consentito probabilmente, almeno dalla risposta del pubblico, di arrivare a segno.
La prima serata abbiamo avuto il sold out, la seconda un poâ meno, però in entrambe câè stato una importante risposta da parte del pubblico
Soprattutto il trend è in ascesa.
Rispetto alla Tosca che già aveva avuto un grande successo, Traviata è andata avanti, e anche il concerto sinfonico rispetto al primo, che è stato quello inaugurale, ha segnato un incremento delle presenze.
Diciamo che il pubblico sta superando la diffidenza verso il clima turbolento che aveva percepito inizialmente e man mano si sta riappropriando della bellezza dellâOpera ritornando a Teatro.
Si è innescato nellâente un circolo virtuoso dove il pubblico si è fatto parte di unâoperazione positiva.
Noi abbiamo avuto il merito di innescare un meccanismo che è stato recepito dal pubblico. Ed è una grande soddisfazione.
Anche dal cast, dagli orchestrali, mi sono giunte parole positive motivate dal sentirsi come una grande famiglia.
Si respira unâaria serena e questo è molto bello. PerchĂŠ quando si lavora per offrire al pubblico qualcosa che sia in grado di emozionare, ma anche di veicolare idee nuove, è importante mettere da parte un poâ i personalismi, le gelosie, le piccole invidie che nel mondo artistico sono anche abbastanza comuni. E che comunque possono essere non dico naturali ma abbastanza frequenti.
In questo momento nel nostro Ente questi tipi di meccanismi sembrano essere lontani, non appartenerci.
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Quindi lâEnte sta recuperando il rapporto con il pubblico e sta offrendo unâampia varietĂ musicale. Potete essere soddisfatti.
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Certamente. Credo che la cosa piĂš importante sia lâamore per la musica che sembra una frase fatta ma non lo è.
Io ho avuto la fortuna di essere allievo di un grandissimo pianista e musicista, il M° Bruno Canino, e lui sovente affermava questo concetto: è fondamentale essere bravi musicisti, bravi professionisti ma altrettanto importante è non perdere mai la scintilla dellâamore per la musica. E la stessa cosa vale per il pubblico. Eâ importante andare a teatro per assistere ad unâopera, ad un concerto, non per abitudine ma perchĂŠ si risponde ad unâesigenza. Fa parte di un modo di soddisfare una passione. Ed è la cosa piĂš importante. Sia dal punto di vista musicale, sia dal punto di vista della funzione sociale che ha la musica.
Mantenere viva la scintilla ed alimentarla è un dovere per tutti, altrimenti diventa tutto troppo meccanico, non spontaneo, e direi sterile.
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Non mi resta che concludere lâintervista augurando un buon lavoro ad entrambi e una buona stagione al pubblico di Trapani cha ha dimostrato di premiare questa lettura molto originale e profonda della Traviata.
di Loredana Atzei
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Credit foto: Noemi Nicosia

Salvo Piro, regista

Il numerosissimo pubblico presente alla recita di Traviata

"Selfie di scena" di alcuni protagonisti durante la recita di Traviata