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Nicola Stame, detto Ugo, nasce lâ8 Gennaio del 1908 a Foggia, una terra povera, in un periodo storico critico che culminò pochi anni dopo con la prima guerra mondiale.
In questi anni, esattamente nel 1915, venne costruita la scuola di volo con ben due piste.
Nicola inizialmente studia allâistituto industriale e nel 1927 si arruola come motorista.
Non ci è dato sapere se già cantava, ma anche se avesse saputo di avere doti musicali non avrebbe comunque potuto coltivarle.
Studiare musica era roba per ricchi non per chi viveva in condizioni precarie e non possedeva nemmeno lâacqua corrente in casa.
E poi aveva la madre e la sorella di cui occuparsi. La strada era obbligata. Non câera spazio per i sogni.
Diventa aviere e, nel 1932, viene trasferito allâaeroporto di Ciampino Nord.
A Roma finalmente incontra le due grandi passioni della sua vita.
Lucia, la donna che diventerĂ sua moglie, e la lirica.
Prende lezioni da uno dei Maestri dellâAccademia di Santa Cecilia e dal soprano Anna Gramegna che venne scelta direttamente da Puccini per interpretare Zita (Gianni Schicchi) e Frugola (Tabarro) nella prima del Trittico.
Nel 1933 sveste la divisa da aviere e va in scena con âLâamico Fritzâ, commedia lirica in tre atti di Mascagni, due mesi dopo sarĂ la volta del âNabuccoâ di Verdi. Le critiche lo esortano a continuare. Cito testualmente: âNel suo futuro câè lâOpera lirica , lo studio del belcanto. Ha tecnica, respirazione, dizione, agilitĂ , potenza e morbidezza. Il timbro è una dote naturale che non gli manca.â
Nel 1938 vengono emanate le leggi razziali che escludono gli ebrei dalla vita sociale ed economica del Paese. Nicola non riesce a far finta di niente di fronte ai soprusi. Glielo impedisce la sua etica e il suo senso di giustizia.
Frequenta antifascisti ebrei e partigiani attirandosi lâattenzione dellâOVRA: la polizia segreta del fascismo che si avvale di una fitta rete di collaborazionisti e delatori.
E sarĂ lâOVRA a irrompere in Teatro mentre Stame nel ruolo di Calaf sta intonando: âNon câè asilo per noi, padre, nel mondoâŚâ
Le note si interrompono di botto e il funzionario chiede la tessera del Partito Fascista. Lui rifiuta di esibirla.
La sua fedeltĂ ai valori nei quali crede gli costa due mesi di carcere.
Dopo lo aspetta la Tosca nella quale si esibisce riscuotendo critiche lusinghiere e concedendo un bis, richiesto a gran voce, del âLucevan le stelle...â
Ma ormai è un vigilato speciale e dopo lâarresto gli sono interdetti i Teatri Regi.
Tuttavia lâamore per il canto è piĂš forte di tutto. Avrebbe rinunciato ai grandi teatri ma non allâOpera. I fascisti non gli avrebbero impedito di cantare, nonostante il clima di guerra e nonostante i continui controlli.
Va in scena con il Rigoletto, ancora Tosca e poi un recital con una buona interpretazione de âIl lamento di Federicoâ che suscita grandi consensi nel pubblico.
Nel 1941 Nicola Stame alterna la vita militare, a quella di cantante lirico ed è marito e padre di tre figlie.
A quel tempo un impresario nota il suo talento e lo invita a imbarcarsi per il Sudamerica dove la popolazione italiana è numerosa e dove avrebbe potuto esibirsi liberamente.
Eâ lâoccasione per ricominciare. Per avviare una nuova vita, senza controlli, senza restrizioni e con la realizzazione della sua arte.
Ma lui rifiuta.
Alla richiesta di spiegazioni da parte della moglie egli risponde lapidario:
âNon è questione di politica. In questo momento il fatto è di essere uomini o non essere uomini.â
Il suo rigore morale lo porterĂ a incontrare personaggi invisi al regime fino a quando, nel 1944, la soffiata di un informatore italiano lo consegna ai fascisti e viene rinchiuso a Regina Coeli.
LâAvvocato dopo la sentenza si compiace del buon esito: Nicola Stame dovrĂ scontare 5 anni di reclusione.
E Nicola è lÏ dietro le sbarre a far coraggio ai suoi compagni con il suo canto.
Ogni sera intona le arie piĂš belle della lirica come se fosse nel piĂš importante dei Teatri circondato da velluti, da scenografie opulente, costumi pregiati e dal calore del pubblico, invece che da solo in una grigia cella, con abiti poveri e laceri in un luogo di lacrime. Come Manrico nellâultimo atto. Come Cavaradossi.
Ad un suo compagno di lotta confida:
âQuando sentirai la mia voce cantare sarĂ il segnale del nostro saluto e del pensiero che tutti noi ti siamo vicini. Quella voce è la nostra anima, la nostra vita in lotta.â
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La vita di Nicola Stame si conclude alle Fosse Ardeatine insieme a quei prigionieri prelevati e uccisi per rappresaglia in seguito allâattacco vibrato dalla Resistenza italiana in via Rasella dove restarono uccisi 30 soldati Tedeschi.
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Non ho reperito nastri con la sua voce ma le critiche del tempo la descrivono come duttile, squillante, potente, capace di eseguire in tono la celebre cabaletta del Trovatore, âDi quella piraâŚâ spingendosi allâacuto senza problemi, con unâespressivitĂ da cantante attore.
Quella voce possiamo solo immaginarla.
ChissĂ dove sarebbe potuto arrivare Nicola Stame se non fosse vissuto in tempi bui, e se in quei tempi bui non avesse deciso di essere un uomo vero.
Un uomo come Manrico che con impeto spronava i suoi soldati alla battaglia al grido di âMadre infelice corro a salvartiâŚâ o come Mario Cavaradossi che nasconde lâAncelotti declamando âLa vita mi costasse vi salveròâŚâ.
Personaggi romantici, coraggiosi, sprezzanti del pericolo che lui portava in scena con una vera passione, riscontrabile nella voce e nellâinterpretazione, e che il pubblico ricompensava con grandi applausi.
Ma ad essere uomini in tempi cupi non ci si guadagna ammirazione e nessuno lo applaudĂŹ quando uscĂŹ di scena.
Un colpo alla nuca pose fine alla sua vita e al suo canto palpitante di emozioni.
Nessun applauso dunque ma il rispetto dei compagni e la fedeltĂ ai suoi valori e il ricordo colmo di gratitudine di chi lo ha conosciuto e ha tratto forza dal suo canto:
âLa voce vibrò melodiosa. Man mano aumentava di volume, di tonalitĂ , le note si alzavano riempiendo lâaria di dolcezza, i nostri cuori di passione. Lo ascoltavamo rapiti in religioso silenzio. Anche il burbero teutonico ascoltava in raccoglimento. Ogni sera quel canto gonfiava i nostri cuori di tenerezza e beava le nostre anime di vagheggiato trionfo. Nemmeno le pene, nemmeno il martirio avevano potuto valere quel canto.â
di Loredana Atzei
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Su Nicola Stame è stato scritto un libro:
âIl tenore partigiano â Nicola Stame: il canto, la resistenza, la morte alle fosse Ardeatineâ
Di Lello Saracino
Edizioni Alegre
