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Note Domenicali n°4 (11/09) - "L'Urlo edificatore, una bella Gioconda areniana" - di Gianluca Macovez

2022-09-11 03:33

Gianluca Macovez

Musicologia generale, Storia della Lirica, Curiosità, opera, ricordi,

Note Domenicali n°4 (11/09) - "L'Urlo edificatore, una bella Gioconda areniana" - di Gianluca Macovez

L'appuntamento domenicale con le memorie di Gianluca Macovez ci porta alla scoperta di Hana Janku e Cornell Mac Neil, ricordando una bella Gioconda areniana

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’URLO EDIFICATORE

 

Ascoltai Cornell Mac Neil due volte.In entrambi i casi in Arena.

L’esordio fu tragico, come ho già raccontato: era ‘Nabucco’ ed io, svegliato di soprassalto pensai bene di urlare a squarciagola che non stavo dormando.

Naturalmente mentivo, ma potrei segnare nel mio curricolo che ho duettato con il coro dell’Arena davanti ad un pubblico di diverse migliaia di appassionati.

Magari non scrivo che erano giustamente furiosi con me.

Ovviamente quando mi ritrovai, due anni dopo, nuovamente di fronte Mac Neil ero terrorizzato all’idea dell’abbiocco.

I miei genitori ancora di più.

Difficilmente avrebbero retto ad un’altra simile figura.

Già mi vedevo abbandonato sull’autostrada, dimenticato volutamente all’autogrll. Già quel terrore mi avrebbero tenuto vivacemente sveglio, ma siccome era meglio non correre rischi, i miei mi dissetarono a colpi di caffè durante tutto il pomeriggio assolato che precedette ‘La Gioconda’.

Quindi tutto andò liscio.

Ero sveglio per l’opera, per il dopo opera, per le trippe vicino all’arena.

Una scarica fra adrenalina e caffeina che se mi avessero fatto un test, forse arrestavano mamma e papà perché avevano il figlio tossico.

Quello spettacolo fu magnifico, magistralmente diretto da Francesco Molinari Pradelli.

Le scene di Giulio Coltellacci erano sontuose senza essere esagerate, la regia era chiara, funzionale.

A me sembrarono troppo affollati i momenti di danza, ma certo uno spazio come l’arena ha bisogno di scene collettive, piuttosto che di raffinati assolo.

Protagonista una intensa Hana Janku, che rividi poco dopo nello stesso ruolo a Trieste, capace di superare senza difficoltà le prove ostiche che la partitura prevedeva per lei.

La signora era un soprano possente, con uno stile interpretativo personale ed interessante. La sua Gioconda era una donna moderna, capace di scegliere di essere protagonista della propria vita, che si suicida per essere libera.

‘Cielo e Mar’ cantata da Bergonzi risultava quasi un’opera dentro l’opera, tanto il tenore riuscì a costruire una atmosfera onirica, metafisica, che il pubblico celebrò con un boato alla fine dell’ultima nota.

Ma ‘La Gioconda’ è opera violenta.

Nella trama. Ma anche nella partitura.

Soprattutto Barnaba è uno degli infami per eccellenza.

Non è raffinato come Jago e non è viscido come Scarpia.

E’ quello che oggi definiremmo il progenitore di tutti i bulli, compiaciuto della sua cattiveria, ingioiellato dalla bastardaggine.

L’opera ruota attorno alla sua cattiveria, ma il rischio di essere sovrastati è grande, soprattutto quando la primadonna snocciola acuti a raffica ed il tenore è un raffinato poeta nel porgere le note.

Ma se Barnaba non riesce a dare la sua zampata, lo spettacolo frana dal punto di vista narrativo e drammatico.

Come poteva, per quanto grande potesse essere, quel baritono americano apprezzato ma non mitizzato lasciare un ricordo indimenticabile?

Lo fece in un modo clamoroso.

Sicuramente i puristi lo avranno definito gigione, d’effetto, non scritto, inelegante.

Ma indimenticabile: arrivati alla conclusione dell’opera, la partitura prevede che Barnaba emetta un grido di rabbia, seguono diverse battute per orchestra e si conclude lo spettacolo.

Il baritono a quel punto ha già cantato moltissimo ed ha camminato chilometri in quel palcoscenico.

Era notte fonda.

Il racconto musicale era esaltato da una gigantesca luna che ci faceva sentire nella laguna veneta.

Gioconda beve il veleno, si accascia ed arriva Barnaba.

La abbraccia, convinto di poterla possedere ed a quel punto capisce che la donna ha scelto il suicidio.

Mac Neil, a quel punto si alzò, levò un acuto potentissimo e tenne la nota mentre correndo attraversava l’intero, gigantesco palcoscenico dell’anfiteatro veronese, pronto a sparire alla vista, ed all’udito, solo alla conclusione della musica.

Naturalmente una simile performance fece eccitare il pubblico in modo esagerato, rendendo incancellabile l’evento.

Gli applausi divennero boato, urlo, fanatismo, acclamazione per tutti gli interpreti, consegnando quello spettacolo, per chi c’era, alla storia.

La conclusione è spontanea: meglio una edizione corretta ma rapidamente rimossa dai ricordi od una versione emozionante ma meno rigorosa?

Personalmente non ho dubbi: rigorosamente emozionante, nel senso che vanno rispettate le volontà del compositore, bisogna evitare eccessi e ricerca all’effetto, si devono salvaguardare pesi e ruoli.

Con questa premessa, avendo un cantante intelligente e sensibile, che sa fin dove può forzare e soprattutto lo fa per un intento nobile, come quello di dare il giusto rilievo al personaggio e non all’interprete, allora ben venga la personalizzazione.

Poi giocano l’età del pubblico, ero un bambino; il luogo, ovvero in questo caso un teatro all’aperto con un pubblico estremamente variegato e dalla eterogenea formazione; il titolo, perché se su Ponchielli certi esperimenti possono riuscire, l’idea di forzare Mozart mi spaventa.

Però la sensazione che ho provato vedendo quel brutto arrogante di Barnaba quando scopre che non è padrone della vita degli altri, me la ricordo ancora con emozione ed è riaffiorata tante volte, quando sulla mia strada ho trovato tracotanti imbecilli troppo pieni di sé per capire che sarebbero stati, in qualche attimo, avvolti dalle tenebre della loro stessa pochezza.

di Gianluca Macovez

 

 

Documenti e ascolti

 

Cornell Mac Neil, baritono

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Cornell Mac Neil, nato nel 1922 e morto nel 2011, è stato un baritono di grande valore.

La sua carriera, iniziata a Broadway alla fine degli anni Quaranta e conclusasi nel 1987, si sviluppò soprattutto in America.

In particolare il rapporto con il Metropolitan fu lungo e ricco di successi: 642 recite nel corso di 26 stagioni, compresa la prima diretta televisiva da quel teatro, nel 1977, in ‘Rigoletto’.

Non altrettanto si può dire per la Scala, che lo ospitò solo due volte: nel 1959, nella seconda compagnia del ‘Don Carlo’ e l’anno seguente come Amonasro in ‘Aida’.

Decisamente poca cosa per una voce così interessante, potente ed estesa, in grado di esprimere il suo meglio nel repertorio italiano e per un interprete così efficace ed intenso, forse un po’ danneggiato dalla pronuncia non sempre inappuntabile, ma sempre comprensibile e mai scontato.

Appena più generosa fu l’Arena, che lo vide ‘Nabucco’ nel 1971, ‘Barnaba’ due anni dopo e, prossimo al ritiro dalla scene, Amonasro nel 1986.

Andò meglio a Roma, dove cantò ‘ Rigoletto’ nel 1959 a Caracalla, accanto alla Zeani; fu Don Carlo in un ‘Ernani’ con Del Monaco e Rossi Lemeni, nel 1961, con le scene di Benois; Duca di Luna lussuosissimo in ‘Trovatore’ nel 1963 con Franco Corelli protagonista; governatore del Perù in ‘Alzira’ nel 1967 ed infine nel 1971 in ‘I Puritani’ , in un cast che allineava Mirella Freni, Luciano Pavarotti, Paolo Washington.

Qualche comparsa nei cartelloni di Parma, dove nel 1964 ebbe uno scontro con il pubblico che lo portò in tribunale, Firenze, Palermo e Napoli e poco altro.

Nel 1969 divenne presidente della American Guild of Musical Artists.

E’ stato un interprete ideale per il ruolo di Scarpia , che portò in scena in tutto il mondo.

Solo al Met lo cantò novantadue volte, un vero record.

Memorabili anche le sue interpretazioni di Iago, di Rigoletto, di Renato in ‘Un Ballo in Maschera’, tanto per citare alcuni dei tantissimi personaggi che interpretò.

Copiosa la produzione discografica,in studio e dal vivo, aperta dalla registrazione de ‘ Il Console’, nel 1950, nel ruolo di John Sorel, che Giancarlo Menotti costruì proprio sulle caratteristiche del giovane Mac Neil.

Fortunatamente ricca anche la dotazione di filmati, che ci consentono di gustare le doti di questo magnetico interprete che fu vero ambasciatore dell’opera italiana in tutto il globo.

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Locandina di Rigoletto al Boston Opera House autografata

da Mac Neil

 

Hana Janku, soprano

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Una vita breve, quella del soprano di Brno, che non le ha impedito di raccogliere successi internazionali in un repertorio decisamente impegnativo.

Esordì giovanissima: a diciannove anni faceva parte dell’organico del teatro della sua città e quasi subito nel suo repertorio fecero la comparsa quei ruoli che la resero famosa: Leonora (che più tardi canterà anche con Karajan), Turandot, Russalka.

Dall’allora Cecoslovacchia ai teatri tedeschi il passo fu breve e da lì, grazie ad una voce potente, con una evidente facilità all’acuto ed un suono personale, i principali teatri del mondo le offrirono di partecipare alle loro stagioni.

La solida tecnica le permise di affrontare ‘Turandot’ alla Scala a soli ventisette anni, ma anche di non spaventarsi ad affrontare le serate all’aperto in Arena, alternandosi a Birgit Nillson nel 1969.

A Verona la ascoltai in due occasioni: ‘Turandot’ imponente nel 1975 ed intensa ne ‘La Gioconda’ nel 1973, titolo nel quale già l’avevo vista a Trieste.

Spettacoli di grande valore nei quali riuscì ad offrire prove di grande intensità, che sicuramente il pubblico presente non ha dimenticato

 

Ascolti

Iniziamo la proposta degli ascolti in video con la registrazione de ‘La Gioconda’ di cui ho parlato. Siamo a Verona, il 4 agosto 1973 .

Il cast allinea:
la Gioconda: HANA JANKU
la Cieca: STELLA SILVA,
Enzo Grimaldo : CARLO BERGONZI,
Alvise Badoero: LUIGI RONI,

Laura Adorno : VIORICA CORTEZ,
Barnaba : CORNELL MacNEIL,
Zuàne : GIUSEPPE MORRESI,
Isèpo : OTTORINO BEGALI,
un Cantore : BRUNO GRELLA,
un Pilota : GIANNI BRUNELLI,
un Barnabotto : ALESSANDRO CASSIS
Orchestra e Coro Arena di Verona Maestro del coro : CORRADO MIRANDOLA

Maestro concertatore e direttore d'orchestra : FRANCESCO MOLINARI PRADELLI

 

Hana Janku nel 1975 interpreta ‘ In questa reggia’ all’Opera di Berlino, con una voce imponente, tagliente
come una lama, ma capace di colori interessanti, senza sbavature e forzature. Una principessa esemplare

 

 

Una edizione dal vivo di ‘Suicidio’. Siamo a Berlino, nel 1974. La direzione è di Franco Patanè. Il soprano che aveva saputo essere algida per ‘Turandot’, qui trova una tavolozza calda e suadente, riesce a giocare con le note più alte, per tuffarsi poi nell’atro della laguna. In una sequenza affascinante ed angosciosa, che ci fa accompagnare Gioconda verso il gesto estremo

 

Ed ecco adesso Mac Neil nell'aria di Barnaba, dal vivo, ‘Pescator affonda l'esca’ da ‘La Gioconda’ (edizione non specificata)

 

Ancora Mc Neil con Bergonzi, nel 1972, nel duetto ‘Enzo Grimaldo , principe di Santafior’

 

Infine propongo il video del Tabarro con Mac Neil, Serra, Moldeveanu dal Met, storica edizione del 1981

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