OTELLO
Dramma lirico in quattro atti di Giuseppe Verdi
su libretto di Arrigo Boito
il libretto è tratto dalla tragedia Othello di William Shakespeare
Direttore: Daniel Oren
Regia: Giulio Ciabatti
Costumi: Margherita Platè
Personaggi e interpreti
Otello Roberto Aronica
Desdemona Mariangela Sicilia
Jago Elia Fabbian
Cassio Mario Bahg
Emilia Marina Ogii
Lodovico Giovanni Battista Parodi
Roderigo Enzo Peroni
Montano Fulvio Valenti
Un araldo Giuliano Pelizon
Luci Fiammetta Baldisseri
Maestro del coro Paolo Longo
Ieri sera è andata in scena al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, in Friuli Venezia Giulia, una pregevole esecuzione dell’Otello verdiano, proposta dal Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste nell’ambito della sua tournèe regionale. Si tratta di una replica dello spettacolo già andato in scena presso il teatro triestino nel Novembre 2022, e recensito anche su questo blog con altro cast.
L’allestimento, diretto da Giulio Ciabatti con i bei costumi di Margherita Platè, rimane fedele all’ambientazione originale, restando nel solco della tradizione. Le scene, decisamente sobrie, giocano su pochi elementi ben disposti sul palco. Le luci di Fiammetta Baldisseri, ora calde ora languide, riempiono bene lo spazio e contribuiscono a creare un’atmosfera suggestiva. Siamo lontani dalla meraviglia e dallo sfarzo di altri allestimenti, ma in un momento in cui grandi teatri dissipano i loro considerevoli budget in produzioni alquanto discutibili, questo spettacolo è un esempio di come, con relativamente poco, si possa realizzare una messa in scena di buon livello, che aiuta i cantanti ad eseguire e il pubblico ad apprezzare un capolavoro che non ha certo bisogno di elucubrazioni registiche per sprigionare tutta la sua forza drammatica. Da notare la scelta di non dipingere il volto di Otello con il consueto strato di cerone nero, anche se non ho potuto verificare se la scelta sia data dal desiderio di conformarsi alla (stucchevole e pretestuosa) polemica ‘anti-black face’ di origine anglo-americana, o da altre motivazioni artistiche. Si può fare meglio, comunque, sul versante dei movimenti scenici, spesso piuttosto convenzionali e ripetitivi. Le masse sono veramente troppo statiche e i cantanti vengono spesso fatti cantare semplicemente di faccia al pubblico sulla ribalta, anche quando dovrebbero interagire più intensamente fra loro (Otello si trova spesso ad invocare il bacio di Desdemona non guardandola neppure). In genere, si vede la mancanza di un pò di lavoro con i cantanti-attori.
Venendo alla parte musicale, Daniel Oren propone una direzione molto convincente, espressiva e di grande impatto, mantenendo un passo incalzante, anche a prezzo di qualche scollamento fra buca e palco all’inizio del primo atto. L’Orchestra del Teatro Verdi di Trieste, che ha con il maestro israeliano un affiatato rapporto di collaborazione e dà generalmente il meglio di sé sotto la sua bacchetta, suona con perizia, precisione e ed esprimendo un ottimo colore orchestrale. Notevoli soprattutto gli archi, che sfoggiano un suono vellutato, molto efficaci nel supportare i vari passaggi drammatici e nel divenire essi stessi parte integrante del racconto tragico che si snoda sul palco. Ottima anche la prestazione del Coro del Teatro Verdi di Trieste, che esprime un suono potente e compatto, che si apprezza particolarmente nel terzo atto, e delle voci bianche dei Piccoli Cantori Città di Trieste, che contribuiscono alla suggestiva resa del coro nella scena III del secondo atto.
Roberto Aronica, nel ruolo del titolo, ha una voce più chiara e, soprattutto nella zona centrale, un peso vocale minore di quello a cui l’illustre tradizione di questo ruolo ci ha abituati (e che comunque ben pochi possiedono al momento). Questo porta ad un Esultate meno esaltante di altri e ad alcuni momenti, soprattutto nel primo atto, in cui non il cantante non appare perfettamente a fuoco sia vocalmente che scenicamente. Tuttavia, egli gestisce bene la parte grazie ad una tecnica solida, che gli permette di cantare sempre con un emissione alta, un bello squillo e degli acuti grandi e sfavillanti. Così, nei rimanenti tre atti si apprezzano appieno anche le grandi qualità attoriali e la dirompente presenza scenica che hanno sempre caratterizzato questo artista. In questo senso di grande impatto è stata l’esecuzione di ‘Dio, mi potevi scagliar’. Migliore in campo della serata, Mariangela Sicilia, chiamata a sostituire, nel ruolo di Desdemona, l’originariamente prevista Lianna Haroutounian. Il soprano cosentino propone un’interpretazione intensa e di gran classe, con un fraseggio curato ed elegante, e suggestive mezze voci. La statura della grande artista si vede già dalle prime note del duetto con Otello Già nella notte densa e si apprezza ancor più nell’ Ave Maria, cantata con grande pathos e sensibilità. Particolarmente degna di nota l’esecuzione della Canzone del Salice, cantata con un gusto ed un’intelligenza drammatica che è raro trovare anche in interpreti molto blasonate.
Elia Fabbian, nel ruolo di Jago, sfoggia un timbro brunito, omogeneo e vellutato, ed un’emissione fluida. A volte la dizione potrebbe essere un po' più chiara e ci sono alcuni passaggi in cui potrebbe essere più mefistofelico, ma il Brindisi del primo atto possiede tutta la dovuta esuberanza vocale e il Credo è eseguito con grande perizia, sicurezza e padronanza della scena, rendendo tutto il diabolico cinismo e l’eroismo del negativo tipico del personaggio. Cassio è interpretato da Mario Bahg, che può contare su una bella voce, dal colore rotondo con sfumature argentee. L’emissione è naturale ed elastica, con acuti sonori e ben piazzati. La recitazione è all’altezza del ruolo. Aspetto forse da migliorare, la pronuncia in alcuni tratti un po' approssimativa.
Tutte ottime le parti di fianco. Marina Ogii (Emilia) mostra la necessaria intensità drammatica e può contare su una voce densa e interessante, anche se l’emissione è a volte un po' troppo indietro. Enzo Peroni, nel ruolo di Roderigo, canta con bel legato e voce ben proiettata. Bene anche gli interventi di Giovanni Battista Parodi (Lodovico), Fulvio Valenti (Montano) e Giuliano Pelizon (un araldo), tutti cantati con autorevolezza e bel colore. Alla fine, convinti applausi per tutti.
La recensione si riferisce all’unica recita aperta al pubblico del 14-01-2023.
Kevin De Sabbata (15-01-2023)