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LTL Opera Studio, che coinvolge i tre teatri di tradizione Livorno Lucca e Pisa, riporta allâattenzione del pubblico unâopera contemporanea ingiustamente dimenticata: la âNapoli milionariaâ di Edoardo De Filippo con musica di Nino Rota, e lo fa con lâallestimento del teatro del Giglio, sotto la Direzione del Maestro Jonathan Brandani e la regia di Fabio Sparvoli che riescono a dare allâ opera nuova linfa vitale con una messa in scena funzionale e una grande cura nello sviluppo dei personaggi, anche secondari, producendo cosĂŹ un grande lavoro corale pieno di realismo, tanto divertente quanto tragico.
Ed è proprio questo lavoro corale a costituire la cifra stilistica di questa produzione.
Proprio per capire quale è stato il grande lavoro fatto sui personaggi ho pensato di intervistare alcuni tra gli interpreti della Napoli milionaria andata in scena a Pisa lo scorso 20 Aprile.
Ringrazio dunque Alessandro Ceccarini, Alessandro Fantoni, Andrea Galli, Salvatore Grigoli e Mauro Secci che si sono prestati a questa intervista e che ci accompagneranno in questo viaggio alla scoperta di questa produzione.
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Conosciamo meglio i personaggi cominciando dal protagonista maschile. Don Gennaro Iovine, marito di Amalia e padre di due figli, Amedeo e Maria Rosaria. Lo interpreta il baritono Salvatore Grigoli non nuovo al repertorio contemporaneo con allâattivo unâaltra opera di Rota âLa scuola guidaâ.
Come hai preparato e come hai vissuto il ruolo di Gennaro Iovine?
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Gennaro per me è stato un personaggio toccante. Io ho dei ricordi dei nonni che hanno vissuto la guerra. Quindi molte cose che erano riportate allâinterno del libretto mi ricordavano i racconti di nonna sulla guerra, su nonno che era stato deportato, tutto questo mi ha consentito di sentire veramente il personaggio.
Don Gennaro nel primo atto lascia che la famiglia sia gestita dalla moglie, lui fondamentalmente pensa solo ad avere il cibo in tavola disinteressandosi di come ciò avviene. Eâ un uomo che non prende posizione, spaventato solo dallâessere scoperto e quindi di avere a che fare con la legge che ai tempi, con la Legge marziale in atto, era molto dura.
Nel terzo atto torna dalla guerra completamente devastato e rientra in una casa che lo ha dimenticato in tutto. Solo Maria Rosaria gli dimostra un poâ di affetto.
Lui è completamente traumatizzato. Ha dei continui flash in cui ritorna con il pensiero a ciò che ha passato e questo mi ha fatto pensare molto ai racconti dei miei nonni. Ad esempio Nonna mi diceva sempre che quando era sfollata abitava in una casa circondata da menta. A 84 anni ogni volta che sentiva lâodore di menta lei ritornava con la mente in quella casa, con i rumori delle bombe e la paura di essere colpita. E cosĂŹ anche per Gennaro ci sono della parole chiave, un odore o un rumore che innescano in lui il ricordo portandolo via dalla realtĂ per farlo ripiombare in quella fossa circondato da spari, dalle bombe e dai cadaveri.
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Da un punto di vista vocale quanto è stato difficile preparare il personaggio?
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Non è stato facile perchĂŠ in alcuni punti De Filippo voleva un personaggio molto parlato e recitato. Eâ stato difficile dare una lettura da cantante, con una messa vocale che potesse essere piĂš vicina alla parte attoriale quasi parlata. Dovevo entrare ed uscire dalla parte parlata per entrare in quella cantata. Lâopera, da un punto di vista musicale, è meravigliosa anche se molto difficile nel complesso. Ci sono molti cambi di tempo, câè unâorchestra completa con le sezioni di fiati, ottoni, questo significa che a livello di emissione vocale tutti dobbiamo dare tanto. Eâ unâopera molto forte che tiene impegnati sulla voce, sulla recitazione e sullâinterazione con i colleghi. Bisogna sempre essere molto concentrati.
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Passiamo ora al suo rivale, Don Errico Settebellizze interpretato dal tenore Alessandro Fantoni che non conosceva questâ opera ma che si è buttato a capofitto nello studio fino ad esserne entusiasta. Come descriveresti Don Errico?
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Don Errico è un ragazzo che, in un periodo storico molto difficile, riesce a procurarsi dei soldi in modo non del tutto onesto, e riesce a coinvolgere in questi traffici anche i suoi amici tra i quali Donna Amalia, la moglie di Don Gennaro, e persino il loro figlio, Amedeo.
Alla fine tra lui e Amalia si sviluppa una forte attrazione che con il tempo diventa una vera e propria storia dâamore, direi. Almeno, a me è piaciuto immaginarla in questo modo.
Lui, anche se è piÚ giovane di Amalia, è comunque cosÏ elegante nel vestire e nei modi che riesce a conquistarla.
Câè un punto in cui secondo me lui ammette questo amore e addirittura chiede a lei di scappare e di andarsene via. Eâ un momento molto romantico dove lui si rivela totalmente e fa capire che ha dei sogni per loro. Invece lei gli dice che il marito è tornato e che lei non lascerĂ mai la famiglia. In quel momento lui capisce che non câè piĂš nulla da fare. Amalia sarĂ per lui sempre unâ amante e una complice ma non le darĂ mai di piĂš.
Eâ sarĂ questa disillusione che, nel finale, lo farĂ agire con rabbia lanciando Amalia sopra il brigadiere per poi scappare.
In quel momento infatti è fragile. Ha capito che sarĂ sempre e solo lâamante della donna che ama, Don Gennaro è tornato, che altro può piĂš sperare? Lâunica cosa è tentare di sfuggire alla legge.
Dopo di che, nello scontro a fuoco, muore il figlio di Amalia, Amedeo.
E questo allontanerĂ definitivamente Amalia da lui e la farĂ riavvicinare a Gennaro.
Questo non lo sappiamo, perchĂŠ nellâopera non si vede, ma possiamo immaginare che sia cosĂŹ.
Per me è stato interessante vedere il personaggio che comincia a cambiare.
Un uomo già elegante, distinto che riesce ad affermarsi in un periodo difficile e che, ottenuta la ricchezza, pensa di poter ottenere qualcosa di piÚ a livello affettivo. Si innamora e desidera una famiglia. Purtroppo però nel finale crolla tutto e quel desiderio per lui rimane solo un bel sogno.
Ed è cosĂŹ che io lâho affrontato. Come un giovane ragazzo ambizioso molto elegante e gentile, anche romantico, che proprio per queste caratteristiche riesce ad imporsi e anche a farsi ben volere. In fondo dai suoi traffici malavitosi ne traggono beneficio tutti quanti.
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In effetti anche da un punto di vista musicale le arie di Don Errico sono quelle piĂš liriche.
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Si, esatto. Il personaggio per fortuna rimane molto lirico. Ha delle frasi molto eleganti fin dallâinizio. Fa subito la sviolinata ad Amalia dicendo che il suo caffè è il piĂš buono del mondo, migliore persino rispetto al Brasile. E queste frasi sono proprio scritte in modo tale da rendere il personaggio molto sentimentale. Anche lâaria, ovviamente, dove lui mostra la sua fragilitĂ . E lo fa sempre con questa musica secondo me molto romantiche.
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Andiamo ora a conoscere meglio Amedeo, figlio di Donna Amalia e di Don Gennaro. Un giovane che prende la strada del crimine e al quale viene riservato un finale tragico. Lo interpreta il tenore Andrea Galli.
Cosa pensi del ruolo che hai dovuto sostenere?
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Amedeo è un ragazzo di 17 anni che nasce nella Napoli di quegli anni, con la guerra, con una delinquenza incredibile, e con la fame. Si trova in una situazione molto difficile che lo porta a scegliere la strada del crimine. Con un padre disoccupato che gli mangia la cena lasciandolo senza pasto, e una madre impegnata nella borsa nera. Quando il padre va in guerra per lui viene a mancare un punto di riferimento. Anche se in fondo non è che lo avesse granchĂŠ in considerazione. In fondo Amedeo era il cocco di mamma e ne ha seguito le orme aiutandola prima con il contrabbando e poi in associazione con Don Errico si è dato a reati maggiori come il furto, il commercio di auto rubate e chissĂ che altro. Quella era tutta gente armata che poteva anche uccidere, anche se nellâopera questo non si dice mai possiamo ugualmente immaginare come fosse strutturata quellâassociazione criminale.
Eâ un ragazzotto stupido, e anche giovane, certo. Potrei dire che io certe cose non le avrei mai fatte nemmeno da giovane, ma è anche vero che non posso giudicarlo non avendo vissuto la guerra e non avendo sofferto fame e privazioni
Lâunico momento di umanitĂ che traspare dal personaggio è quando Don Gennaro ritorna. Gli corre incontro e lo abbraccia. Subito dopo però ritorna giĂ nei panni del ragazzotto stupido e privo di sensibilitĂ .
Ciò che accade è terribile perchĂŠ abbiamo un padre di famiglia che ritorna dalla guerra dopo due anni e nessuno lo considera, nessuno di noi vuole sapere cosa è successo. Eâ straziante.
Lâunico personaggio con una morale, con dei sani principi è lui, Don Gennaro.
Il resto è tutto allo sbando. Compresa Maria Rosaria che ha un rapporto difficile con la madre e che forse ha sentito ancora di piÚ la mancanza di un padre.
Alla fine Amedeo raccoglie ciò che ha seminato. Cioè nulla. Lo ammazzano.
Purtroppo lui è cresciuto in un contesto non aveva altra possibilità se non quella di delinquere. Come spesso succede quando non vieni educato, quando vieni cresciuto in un contesto, in un momento storico dove non hai la possibilità di emergere, di far vedere quello che sei, e di vivere in una condizione agiata la tua adolescenza, la via piÚ facile è quella della malavita.
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Napoli milionaria nasce come unâOpera che denuncia la fine della speranza. Quella stessa speranza che De Filippo aveva perso nel corso degli anni.
Come hai vissuto il finale con la morte di Amedeo?
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In questo finale vedo una madre che per un secondo capisce tutte le fesserie fatte e pur avendo davanti il figlio morto non lo guarda nemmeno.
Amalia fissa il vuoto, tocca il figlio morto, lo culla e chiede âChe è successo?â quasi rifiutando lâaccaduto. Lei vuole dormire, pensare che ciò che vive è un sogno, che quello che ha di fronte steso a terra non è suo figlioâŚInvece è lui. Non capisce, non connette, è persa nei suoi pensieri.
Non è in questo mondo. Eâ in unâaltra sfera.
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A livello vocale comâè stato interpretare Amedeo?
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A dire la veritĂ il mio ruolo non mi dĂ lâopportunitĂ di mettere in mostra le mie doti di cantante. Ad esempio nella mia parte non avevo nessun acuto da sfoggiare, oppure una frase legata, diciamo che quindi ho puntato tutto sulla recitazione.
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Passiamo ora ai personaggi di contorno cominciando dal tenore Mauro Secci, anche lui non nuovo alle opere di Rota avendo interpretato da protagonista âIl cappello di paglia di Firenzeâ a Sassari. Ci parla del suo ruolo spiegandoci chi è Pascalino?
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Pasqualino âO pittore è un personaggio di fianco rispetto a quelli principali allâinterno dellâopera e si inserisce in quel mondo comunitario della Napoli fascista e del dopoguerra. Collabora con altri personaggi in attivitĂ non propriamente lecite ma anche per porre in essere delle simpatiche truffe come, per esempio, la celeberrima scena del finto morto che serve a celare quella che era lâattivitĂ di contrabbando perpetuata dalla famiglia Iovine. Il momento clou, per lui, è quello in cui viene chiamato a cantare alla festa cosĂŹ come potremmo chiamare oggi un cantante neomelodico ad un matrimonio napoletano. Insomma, è un tipo piuttosto semplice ma questo non significa che sia bidimensionale. Abbiamo lavorato molto con il Regista e con il Direttore attraverso una collaborazione stretta fra tutti affinchĂŠ si ottenesse come risultato una messa in scena il piĂš possibile realista. E quindi non eravamo piĂš dei personaggi che venivano sparati in scena cosĂŹ dâ emblĂŠe e che non avevano nessun tipo di profonditĂ , ma siamo riusciti ad ottenere dei ruoli precisi allâinterno degli accadimenti. Ad esempio, inizialmente la scena del finto morto è molto divertente ma allo stesso tempo drammatica perchĂŠ il Brigadiere potrebbe scoprirli e metterli in galera. O peggio. Non dimentichiamo che câera la legge marziale. Ebbene, anche allâinterno di quella scena si evince comunque la psicologia di Pascalino che prova effettivamente paura nel momento in cui si sentono i bombardamenti, ma allo stesso tempo rassicura il mezzo prevete che è altrettanto spaventato al suo fianco. Lo fa perchĂŠ non possono fuggire. Se scappano fanno saltare la messa in scena. Poi alla fine arriva la disperazione, quando cessa il bombardamento, e câè anche il dispiacere legato alle persone che potrebbero essere morte in quel momento. Non sono personaggi stereotipati, ecco quello che voglio dire. Sono personaggi vivi, un poâ mascalzoni allâinizio, che poi nel finale si rivelano cafoni, insensibili e preoccupati solo di sfoggiare la loro ricchezza ottenuta in modo criminale. Nel finale infatti il banchetto è sontuoso. Eâ tutta gente che ha provato la vera fame quindi la dimostrazione della ricchezza è data dal cibo portato in tavola, ecco perchĂŠ câè tutto lâelenco delle pietanze e del vino.
Interpretare Pascalino è stato divertente anche perchĂŠ, nel momento in cui canto lâaria Villanova, lâho interpretata in modo autoironico, con quel narcisismo e quella voglia di apparire tipica dei cantanti.
Eâ cosĂŹ preso da se stesso e dalla festa da non curarsi nemmeno di Gennaro che torna dalla guerra e che rappresenta tutto quello che loro vogliono dimenticare. Un uomo ferito nellâanimo, un uomo sporco che puzza. Ecco cosa pensavo quando interpretavo Pascalino. Che di fronte ad un uomo che puzza, se non sei veramente legato affettivamente, la prima reazione è quella di avere ribrezzo. Eâ un poâ cinico, però teniamo presente che, secondo me, la guerra, tutte le traversie che uno affronta in quei periodi rendono le persone piĂš brutte. Eâ normale perchĂŠ le persone che hanno passato la seconda guerra mondiale, penso ai nostri nonni soprattutto, spesso erano piĂš disilluse che forti.
Non giudico Pascalino perchĂŠ il mio compito è capirlo e interpretarlo non giudicarlo. Quello che bisogna fare è cercare le motivazioni per comprendere il personaggio e interpretarlo in modo piĂš vero. Alla fine questa non è altro che la storia di come lâuomo si adegua allâambiente e Pascalino è uno di quei personaggi minori che ha però una psicologia che muta durante tutta lâopera.
Napoli milionaria sarebbe interessante, per esempio, ambientarla negli anni â70 in Vietnam, per dire, o in Irak negli anni 2000, in Afghanistan negli anni â80, in qualsiasi posto in situazione di conflitto perchĂŠ la storia che noi abbiamo portato in scena non è solo Napoli, è una storia molto complessa, molto bella, e universale, e secondo me dovrebbe diventare unâopera di repertorio.
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A livello vocale quanto è stato difficile?
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La parte in se stessa non mi ha presentato difficoltĂ . Nellâaria ho fatto anche la puntatura al Si naturale che non era scritta, naturalmente in accordo con il Maestro Brandani. Diciamo che diverso è stato il discorso dei cori , li ci sono maggiori difficoltĂ , soprattutto nel finale con il coro della mamma che piange il figlio morto, in una scena che a me ricorda molto la madre dellâucciso di Francesco Ciusa. Per esempio qui i cori hanno presentano delle difficoltĂ maggiori, soprattutto per noi tenori.
Io avevo lâaria nellâultimo atto e poi nella parte iniziale avevo delle parti quasi recitate con dei falsetti, perchĂŠ sostanzialmente interpretavamo, io e il mezzo prevete, due finte suore al capezzale del finto morto. Il Maestro Sparvoli ha chiesto che lasciassimo le barbe proprio per rendere ancora piĂš comica la scena, un vecchio trucco da Commedia dellâarte, per suscitare la risata nel pubblico. PiĂš difficile invece è stata la scena del Boogie Woogie dove interpretavo un aviere e dove io mi sono divertito tantissimo. Câè da cantare e da ballare. Infatti mi ricordo che avevamo tutti il fiatone però alla fine il risultato era molto buono. Faticoso ma buono. Un vero momento di festa perchĂŠ divertendoci noi riusciamo a trasferire il divertimento al personaggio e quindi al pubblico.
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Ed eccolo dunque il compagno di mascalzonate di Pascalino interpretato dal basso Alessandro Ceccarini che nellâopera è âO mezzo prevete. Comâè stato costruire questo ruolo in unâopera cosĂŹ complessa?
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Sono entrato a far parte del gruppo dei ragazzi dell'Operastudio di Napoli Milionaria al terzo stage, chiamato dai tre direttori artistici a ricoprire questo ruolo molto particolare.
Ricordo ancora come feci capolino piano piano nel mondo di De Filippo e Rota, in punta di piedi, scoprendo sullo spartito, e grazie al lavoro di tutti con il regista Fabio Sparvoli e il direttore d'orchestra M° Jonathan Brandani, bellissime e suggestive emozioni, che obbligavano tutti a un impegno superiore al consueto. Infatti la difficoltĂ maggiore di questa opera è che non la si può affrontare solo dal punto di vista canoro, ma anzi è dal lavoro sul personaggio in senso attoriale che si può raggiungere una credibilitĂ e un "peso" artistico necessario nel momento in cui il nostro personaggio si muove, agisce sul palcoscenico.Â
Qualcuno potrebbe obiettare che ciò dovrebbe succedere sempre, ma in questo caso la differenza sta nella manovrabilitĂ individuale che non esiste al di fuori del proprio raggio di azione che è sempre limitatissimo. Ă dentro che va sviluppato, e cosĂŹ brilla di luce propria e sostiene anche gli altri. Ci si connette con una realtĂ eccezionale, a tratti cruda, i vari cambi di umore poi a cui si è sottoposti sono pazzeschi, nessuna altra opera registra tutte queste sfaccettature, una genialitĂ , un fiume in piena continuo di idee sia musicali che interpretative.Â
Il mio personaggio entra vestito da piccolo borghese, con giacca e pantaloni neri, il basco nero in capo che sarĂ il suo "marchio di fabbrica" e un atteggiamento compiacente. In pochi secondi la trasformazione da falsa monaca (non nasconde infatti piĂš di tanto le sue fattezze maschili, come del resto fa Pascalino 'O Pittore, suo collega di truffa) per simulare la veglia funebre di Gennaro agli occhi del Brigadiere Ciappa in cerca di truffatori nei bassi napoletani, mentre infuriano i bombardamenti. Ed è proprio questo ulteriore passaggio, molto suggestivo, dalla farsa alla tragedia che è molto emozionante. Dall'uso del falsetto per dire la giaculatoria funebre, il Mezzo prevete deve passare alla tragedia vera, all'urlo crescente in risposta alla tragica morte della moglie sotto le macerie dovute ai bombardamenti. Quell'urlo "Carmè!!" che chiude il primo atto è veramente lacerante, e gridarlo adesso, in questo momento storico, quando vere bombe vicino a noi provocano morte e dolore è stato emozionalmente indescrivibile, mi è sembrato come di urlarlo al mondo intero.Â
Ritroviamo 'O mezzo prevete all'inizio del secondo atto, vestito di chiaro, ripulito ma con il lutto al braccio, esaltato dalla nuova realtĂ di benessere, foraggiata essenzialmente dalle imprese delinquenziali di Enrico Settebellezze che a pioggia alimentano tutte le vite degli amici di famiglia di donna Amalia. Porta in una sporta vino rosso di Gragnano, "pane bianco", "farina alleata" e le sigarette, urlando in casa come se avesse con sĂŠ un tesoro (in effetti erano beni che durante la guerra scarseggiavano moltissimo, si potevano acquistare solo razionati con la tessera annonaria, quando, raramente, erano disponibili). Alla fine dell'atto rieccolo comparire, con un gruppo di ragazze e soldati americani festanti nel vicolo, e improvvisa con gli altri un boogie in casa di Amalia. Qui davvero mi sono divertito tantissimo, dopo tentativi un po goffi mi sono lasciato andare e ho interagito agevolmente con le mie splendide partner di ballo. Una crescita anche in questo, necessaria, non immediata, ma che ha dato i suoi frutti.Â
Nell'ultimo atto vediamo che il benessere da un pochino alla testa al nostro Mezzo prevete, il suo servilismo per donna Amalia lo fa apparire un po meschino quando ritorna Don Gennaro, a causa del fatto che osteggia con i modi e con l'indifferenza, questo al pari degli altri, la presenza del vero padrone di casa. Durante la festa di compleanno di Settebellizze porta vino e cibarie a profusione, compresi i mitici "peperoni imbottiti", che sono diventati un vero e proprio tormentone durante la produzione.Â
L'opera si conclude con l'uccisione di Amedeo durante una sparatoria, e quindi con la morte, il dramma, la guerra che non finisce... e che continua a mietere vittime in modo sommario, quasi casuale, come avviene per la moglie di 'O mezzo prevete, cosĂŹ avviene per Amedeo, ucciso "per caso" ma "di fatto" da una guerra tra le persone, che distrugge il presente e il futuro di tanti.Â
Una morale che purtroppo, a quanto pare, è drammaticamente attuale.
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Purtroppo negli ultimi anni abbiamo imparato a convivere con un senso di incertezza totale. In continua e perenne emergenza. Prima la pandemia ora la guerra, eventi che incidono sulla vita di ognuno di noi ma si va avanti con lo studio e con gli impegni di lavoro.
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Andrea Galli ci rivela un poâ di se. Come è stato questâultimo periodo?
Câè stato il covid di mezzo, una cosa allucinante, una valanga di contratti saltati, ma conto di recuperare. Ho fatto da poco i 25 anni. Ho vinto dei premi, ho avuto delle belle soddisfazioni, Ho appena fatto anche la Favorita che è andata molto bene, ho ricevuto delle bellissime recensioni, e adesso ho un progetto molto bello ma ne parlerò a tempo debito.
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Mauro Secci sarĂ impegnato ad Ottobre nella Manon Lescaut a Cagliari e sta lavorando ad un progetto di cui per ora non parla per scaramanzia. Lâultima cosa che ha cantato è stato lo Stabat Mater di Pergolesi versione Paisiello.
Avevi anche in programma il Don Pasquale se non sbaglio?
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Eâ vero. Ho dovuto rinunciare causa di una laringite. In effetti io ho la voce un poâ piĂš lirica rispetto al ruolo di Ernesto. Non è un ruolo che cantano tutti perchè presenta delle difficoltĂ che spesso e volentieri anche i tenori molto leggeri non riescono a risolvere. Eâ come se in certe parti fosse una scrittura verdiana. Io me la stavo cavando egregiamente ed ero anche piacevolmente contento purtroppo poi non lâho potuta fare.
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Salvatore Grigoli ha appena finito la produzione di Nicola Sani a Bolzano alla fondazione Haydn con lâopera da camera Falcone ( il tempo sospeso del volo), nel frattempo sta preparando un lavoro per il luglio musicale Trapanese âI Kattivissimiâ e infine interpreterĂ Belcore nellâElisir ad Agosto sempre per il luglio musicale trapanese.
Che tipo di repertorio prediligi?
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Diciamo che mi piace molto il â900 quindi contemporaneo, sia attuale che estremo, diciamo cosĂŹ. Opere come quelle di Rota, Britten, ma anche il periodo di Leoncavallo con âPagliacciâ, insomma, quel periodo lĂ . Sono stato felicissimo di prendere parte a Napoli milionaria proprio perchĂŠ adoro Rota e le opere contemporanee.
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Alessandro Ceccarini si occupa di arte a 360 gradi. Il suo impegno anche sui social è incessante e coinvolgente. Ha appena concluso la recita di un Barbiere di Siviglia in chiave moderna dove ha interpretato il suo 75° Don Basilio. Cosa hai in serbo per il futuro?
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Come mio stile, chi mi conosce lo sa, non mi fermo mai eheheh. Mi sto dedicando molto allo studio in vista di importanti appuntamenti che mi attendono. Ho già alcune date di spettacoli a cui dovrò prendere parte, ma in particolare un progetto che mi vedeva protagonista in sudamerica ma che a causa della guerra in Ukraina è stato slittato a ottobre. Poi avrò ad inizio anno prossimo ancora Manon Lescaut a Ferrara e Pisa. Sicuramente anche quest'anno darò vita insieme a mio padre e ai miei collaboratori al Chianni Opera Festival, nonchÊ ricoprirò le mie impegnate attività di segretario del Premio Nazionale Letterario Pisa, giunto quest'anno alla 66.ma edizione.
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Diamo infine la parola ad Alessandro Fantoni che sta facendo ora un Rigoletto con unâorchestra giovane che si chiama âsenza spineâ in cui è coinvolta la fondazione Pavarotti. Nel futuro ha la âTraviataâ, lâ âElisir dâamoreâ ma anche la âCarmenâ.
In quale direzione stai andando?
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Ultimamente sto affrontando un repertorio un poâ piĂš lirico in opere come ad esempio Butterfly, Tosca, Cavalleria dove effettivamente mi sento piĂš a mio agio perchĂŠ sento che è un repertorio che per me è facile e quindi probabilmente andrò in quella direzione. Però proprio per mantenere una tecnica e cercare di non strafare e di non andare troppo oltre mi tengo anche i miei rigoletti, gli elisir le traviate insomma, questi ruoli che so che fanno sempre bene alla voce.
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Ecco quindi che anche in un periodo cosĂŹ difficile, tra emergenza pandemica conflitti alle porte dellâEuropa, questi giovani con il loro canto e la loro passione ci mostrano come sia possibile combattere con le armi pacifiche dellâarte affinchĂŠ il âbelloâ possa trionfare sulla scena cosĂŹ come nella realtĂ .
di Loredana Atzei
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Da sinistra: Mauro Secci, Lucia Conte, Elena Memoli, Alessandro Fantoni, Alessandro Ceccarini