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Intervista al soprano Clara Polito - di Loredana Atzei

2022-10-10 01:28

Loredana Atzei

News, Musicologia generale, Interviste, Interviste artisti, Curiosità, opera, intervista,

Intervista al soprano Clara Polito - di Loredana Atzei

Una bella intervista di Loredana Atzei al soprano Clara Polito, una artista di grande talento

 

 

 

 

 

 

 

 

In questa chiacchierata conosceremo meglio Clara Polito, soprano drammatico di coloratura con una grande estensione. Iperattiva, irrefrenabile, e velocissima nello studio delle partiture. Una predilezione per il repertorio belcantista ma impegnata anche nella didattica e capace di ritagliarsi una nicchia nell’esecuzione di opere rare e contemporanee. Incide nel 2021 Sunyata di Giuseppe Sinopoli. Una partitura difficilissima e piena di insidie.

Rompiamo subito il ghiaccio con la più classica delle domande.

 

 

Come hai scoperto la tua voce?

 

Prima che io scoprissi la mia voce l’hanno scoperta gli altri. Già dalla culla si erano accorti che avevo un poderoso mezzo vocale. C’è chi studia per costruire la sua voce c’è chi già nasce baciato dal buon Dio. Io sono una di quelle fortunate perché sono nata con un timbro di voce abbastanza notevole già quand’ero in fasce. Pensa che quando piangevo mi sentiva tutto il quartiere e immagino non sarà stato molto piacevole per loro.

 

Mi risponde con una voce che è un misto di risate, solarità e musicalità tutta Siciliana. Ma continuiamo.

Come e quando hai cominciato a capire che avresti dedicato la tua vita al canto?

 

Ho cominciato intorno ai cinque anni a far parte dei cori in parrocchia. Mia nonna capì che avrei dovuto intraprendere lo studio del canto già in età molto precoce però sono passati un po’ di anni prima che facessi questa scelta. Il mio errore grande è stato quello di cominciare tardi a studiare canto ma a 7 anni però ho cominciato a studiare pianoforte e danza classica. Prima ho fatto il Liceo classico, poi mi sono iscritta a giurisprudenza, poi ho fatto l’Accademia di belle arti e in concomitanza ho iniziato a studiare canto privatamente, e solo alla fine di tutto questo percorso di studi è arrivato il conservatorio. Non ho mai smesso di cantare anche se facevo altro. E, ad un certo punto, ho deciso che il canto doveva essere la mia strada. Da quel momento ho cominciato ad investire tempo e studi in questa direzione. Quindi ho preso le lauree, Il secondo livello in canto all’Istituto Superiore di Studi Musicali Luigi Boccherini di Lucca sotto la guida del caro Maestro Giovanni Dagnino, la specializzazione al Mozarteum di Salisburgo sotto la guida di Frau Edda Moser, il corso di perfezionamento all’Accademia di Santa Cecilia di Roma sotto la guida di Claudio Desderi, e la specializzazione all’Accademia Msicale Chigiana di Siena sotto la guida di Raina Kabaivanska e Bernardette Manca Di Nissa e da li in poi è iniziata la mia carriera.

 

Chi sono stati i tuoi insegnanti di riferimento?

 

Ho conosciuto grandi insegnanti, grandi docenti e tutti quanti mi hanno dato qualcosa. Ho studiato con Edda Moser, come ho già detto a Salisburgo ma anche a Montepulciano all’Accademia Europea di Musica e Arti. Ho avuto la fortuna di studiare all’Accademia di Santa Cecilia di Roma. Ho studiato a Venezia con Sherman Lowe, a Milano con Lella Cuberli, a Briosco (Monza) e a Chioggia con Luciana Serra. Ho veramente girato tantissimo. Però l’insegnante che mi ha dato la chiave di volta è il mezzosoprano Claudia Carbi che ha scoperto la mia grande estensione vocale e le mie potenzialità indirizzandomi correttamente all’uso di una voce così importante. Capì che io ero un soprano tra l’assoluto e il soprano drammatico di coloratura e mi portò fino al La bemolle, oltre il Fa della Regina della notte, quindi la mia estensione è più di tre ottave.

Questo significa che posso cantare da contralto, da mezzo, da soprano ma anche da soprano di coloratura, (come dimostrano alcune mie incisioni) che è una rarità ovviamente. Onore al merito dunque a chi ha capito questo e mi ha costruito la voce su un unico filo. La mia voce è tutta uniforme e la linea di canto è omogenea. E questo è il segreto del bel canto. Un gioco di equilibri dove tutto diventa godibile. E’ quella rotondità di suono e morbidezza che rende tutto melodioso e la voce è sempre gradevole in tutte le altezze del suono perché è sempre posizionata nello stesso punto.

E, a differenza di quanto si pensa, la voce belcantista è una voce grande perché il vero soprano belcantista è il castrato. Quindi un uomo, con una voce di donna, si, ma con una capienza toracica maschile. Quindi con una maggiore capacità polmonare. Se ne deduce una voce grandissima e con una grande estensione alle quali si aggiungevano grandi capacità nelle agilità. Ecco, questo era il vero belcantista: il castrato.

 

Dopo aver completato gli studi hai partecipato a dei concorsi?

 

Si. Ne ho fatti tanti e ne ho vinti anche molti. Ma il concorso più grande e più importante che ho vinto, e che mi ha dato l’opportunità di debuttare subito, è stato a Padova, il concorso lirico “Iris Adami Corradetti”. In quell’occasione mi hanno notata il M° Sergio Segalini assieme al Maestro Pierangelo Conte allora suo collaboratore, e mi hanno subito presa e buttata in palcoscenico alla Fenice di Venezia, perché hanno trovato in me una voce unica. Segalini diceva che la mia era una voce tipica belcantista molto simile, appunto, a quella dei castrati. Cioè univa una grande estensione ad un grande volume e una grande facilità nelle colorature. A quel concorso io ho partecipato cantando l’aria della Regina della notte. Il Maestro Segalini rimase molto colpito da quell’esecuzione perché riconobbe in me un soprano drammatico di coloratura e non un soprano leggero. Perciò mi indirizzò verso tutte quelle opere che poi ho studiato e cantato nel corso degli anni. E aveva ragione. Lui era un talent scout e dava la possibilità anche a persone sconosciute senza neanche agenzia di debuttare e di cantare. Quindi devo ringraziare lui prima di tutto. Poi grazie a lui ho conosciuto un altro grande, Jean-Louis Pichon. Un regista e attore teatrale francese grazie al quale debuttai il ruolo di Norma. Un altro talent scout grazie al quale ho lavorato molto in Francia. Il M° Segalini mi ha aperto le porte della Fenice di Venezia facendomi debuttare con il ruolo della “Regina della notte” nel primo cast perché cantavo la Regina delle notte come voleva Mozart, ovvero in tedesco ma all’italiana, e poi al contempo, in quello stesso anno, ho cantato Romeo dei “Capuleti e Montecchi” versione Malibran al Festival della Valle d’Itria di Martina Franca. E’ stato un grandissimo onore per me vedermi assegnare questo ruolo proprio dal M° Segalini e vedere la sua soddisfazione nell’aver finalmente trovato una vocalità con un’estensione così grande. Un soprano in grado di passare dalla Regina della notte che è un drammatico di coloratura ad un Romeo che è un mezzo soprano. Mi diceva sempre: “Una voce come la tua nasce una volta ogni cinquant’anni.” E’ stato lui ad avermi aperto le porte dei grandi teatri. Mi ha chiamato anche al San Carlo di Napoli. Per me è stato un grande mecenate. Da li poi ho conosciuto tanti altri artisti, e la mia vita è stata una serie di incontri, occasioni e soprattutto di occasioni prese al volo. Nella vita è molto importante trovarsi al posto giusto nel momento giusto. E una delle mie caratteristiche principali è stata quella di arrivare in sostituzione all’ultimo minuto. I grandi debutti, a partire da Norma, Traviata, e tanti altri grandi ruoli, li ho fatti così.

 

Essere al posto giusto, nel momento giusto, con grandi doti vocali e un bel sangue freddo. Ma quanto conta la velocità nello studio di una parte?

 

Tantissimo. Essere velocissima è una mia caratteristica. E’ un mestiere questo dove devi essere sempre presente, sempre disponibile e il requisito fondamentale è proprio la velocità nello studio. Mi davano delle cose pazzesche, come Maria Padilla di Donizetti che poi ho debuttato in Austria. Mi chiamavano per ruoli impossibili che nessuno voleva studiare. Ancora adesso studio, studio tantissimo ogni giorno. Sia che si tratti di partiture nuove, oppure opere rare che magari altri non vogliono, o non possono fare.

Anche in “Infinita tenebra di luce” di Adriano Guarnieri, al Maggio Musicale Fiorentino, sono arrivata all’ultimo minuto perché non riuscivano a trovare qualcuno per il ruolo.

Ma, la cosa veramente incredibile, è che io, per un errore, ho studiato per tutti e due i ruoli di soprano di quest’opera. Anche se poi, alla fine, ho cantato la parte del soprano secondo. Quindi doppia difficoltà. Questo solo per dirti quanto è importante essere veloci nell’apprendimento. Senza questo aspetto che mi contraddistingue non avrei potuto fare quello che ho fatto e che faccio tuttora.

 

Nonostante questi salti di repertorio la tua voce è integra. Cosa ti aiuta a conservare tutte le tue doti?

 

La tecnica ovviamente. Più la voce è messa bene e più dura.

La voce bisogna saperla custodire e la carriera va costruita anche sui NO. Io ad esempio avendo una voce grande ho ricevuto spesso delle proposte che non reputo adatte alle mie caratteristiche. Ad esempio ho sempre rifiutato i ruoli veristi, questo perché io rimango comunque e sempre una belcantista. La mia vocalità è soprattutto una vocalità ben messa e ben costruita, ma questo non significa che posso rischiare di perdere alcune mie caratteristiche fondamentali come la coloratura affrontando dei ruoli pesanti come ad esempio una Turandot che mi obbligherebbe a spingere per superare il muro orchestrale. Non è così che funziona. Tu custodisci la voce e questa ti ripaga rimanendo integra.

 

E’ fondamentale la scelta del repertorio?

 

Si, il repertorio va scelto davvero in modo accurato e va mantenuto nel tempo. Poi certo andando avanti negli anni qualcosa in più la si può fare, ma affrontandola sempre belcantisticamente.

 

Sempre restando nell’ambito verista. In un recital ti ho visto interpretare uno splendido “Vissi d’arte”. Ti hanno mai offerto di affrontare Tosca?

 

Certamente. Tosca è un ruolo che continuano ad offrirmi e che io continuo a rifiutare. Ho detto sempre “NO!” a Tosca pur avendo la voce grande, e so che per molti è difficile comprendere questa mia scelta. Per carità, nei concerti io canto le arie di Puccini, attenzione, ma non è la stessa cosa. L’orchestrazione Pucciniana è un’altra cosa rispetto al belcanto. Nel belcanto l’orchestra fa sempre emergere la voce, mentre in Puccini siamo esattamente al contrario. E’ l’orchestra che emerge e tu per uscire fuori devi spingere.

 

Quindi dovremmo rassegnarci a non sentire mai una tua Tosca?

 

Mai dire mai. Chissà, magari se incontrassi un Direttore d’orchestra consapevole di avere di fronte a se una belcantista, e capace di rendere il suono orchestrale in modo da consentirmi di emergere senza forzare la voce, penso che potrei cantarla. Ma è sempre un rischio.

Vocalmente potrei farla, così come potrei fare Boheme, Madama Butterfly.

Mi hanno proposto anche Turandot.

Certo, capisco, sentono che la voce è grande ma ripeto, è costruita in maniera diversa.

Quindi potrei farlo, certamente, ma per ora dico di NO. Forse in futuro ci sarà spazio anche per questi ruoli ma per ora preferisco rimanere nei ruoli del belcanto: una Lucrezia Borgia, una Maria Stuarda, un Roberto Devereux. Ecco. Io non voglio perdere questo repertorio.

 

Hai dunque paura, con il passaggio al repertorio verista, di perdere la coloratura e la musicalità?

 

Esattamente. Il Pirata ad esempio si, ci sta. E l’ho fatto. Ma una Turandot no. Con Verdi posso arrivare alla Luisa Miller, che ho anche cantato. Ma oltre quello mi fermo li. Poi ovviamente c’è sempre spazio per i ripensamenti.

Per il momento ho ancora tanti altri ruoli da debuttare. Vediamo cosa succede nei prossimi anni. Ho 45 ruoli in repertorio e ne ho debuttati soli 25. Però ultimamente mi sono dedicata tantissimo alle Opere contemporanee: da Guarnieri, a Fortunato. Poi ho inciso l’estate scorsa musiche inedite del Maestro Giuseppe Sinopoli. Un lavoro incredibile. Anche questo, difficilissimo.

Ad esempio Sunyata, del Maestro Sinopoli che ho inciso con il quintetto d’archi del Bellini di Catania per Taormina Arte, credimi è stato un qualcosa al limite dell’impossibile.

 

Come leghi questa modernità così complessa al belcanto? Qual è la linea di unione che unisce due stili così diversi?

 

Il belcanto è sempre la risposta. La mia tecnica è sempre la stessa. Io non cambio. E’ proprio li il segreto. Leggo lo spartito e piuttosto che essere Bellini è Sinopoli. Però quando canto lo faccio allo stesso modo. E la voce risulta integra, sana.

E’ erroneo pensare che chi fa musica contemporanea lo faccia perché ha la voce piccola e non riesce ad affermarsi nel mondo della lirica tradizionale.

Non è così. Per me Mozart, Sinopoli, Bellini, Guarnieri, Fortunato, sono tutti sulla stessa linea. Il segreto è quello di non cambiare l’impostazione della voce.

Se si ha ben chiaro questo si può affrontare tutto.

La voce deve essere gestita come se fosse uno strumento. Punto. Se il fiato è posizionato bene è l’aria stessa che scivolando si tira appresso il suono. A quel punto sei uno strumento, e come uno strumento suoni.

Io ho impiegato circa 25 anni per arrivare a questa consapevolezza. Per fortuna la mia è una vita fatta di incontri fruttuosi, e ogni persona che ho incontrato mi ha dato un tassello. Alla fine, con il tempo, il puzzle della mia vita artistica si è completato.

 

Restiamo nel mondo della musica contemporanea. Come è stato interpretare il ruolo della madre delle vittime di mafia nell’Opera “Falcone e Borsellino: ovvero il muro dei martiri” di Antonio Fortunato che è stata portata in scena a Catania lo scorso 15 Settembre a conclusione del festival dei Teatri di pietra?

 

Il Festival Lirico dei Teatri di Pietra è giunto alla quarta edizione, quest’anno hanno avuto l’intuizione felice di inserire questa opera che io già avevo cantato nel 2017 con il Luglio musicale Trapanese. E’ stata colta l’occasione di riproporre quest’opera a 30 anni esatti dalle stragi di Falcone e Borsellino avvenute in quell’estate torrida e tristissima del 1992. Un anno che io non dimenticherò mai anche perché ha segnato profondamente la mia vita. Io e la mia famiglia quel giorno eravamo diretti ad un battesimo. Ci stavamo spostando da Palermo a Carini e siamo rimasti bloccati poco dopo l’esplosione, a poche centinaia di metri di distanza dal luogo della deflagrazione che ha ucciso Falcone, sua moglie e la scorta. Se siamo vivi lo dobbiamo solo a mia madre che è una ritardataria cronica. Quindi quell’attacco ha colpito tutti noi a livello proprio personale, e io ho vissuto sulla mia pelle questa strage. Non la dimenticherò mai. E adesso, nel trentennale mi è stata data l’opportunità di ricordare questo evento cantando di nuovo questa opera che lo ricorda e di fare qualcosa per la mia terra, e ho rivissuto quel momento che è stato veramente tragico. Il ruolo che interpreto, quello della madre di tutte le vittime di mafia, è drammatico e ha una forza incredibile. Ho potuto comprenderlo, e costruirlo bene, grazie a discussioni interminabili insieme al librettista Gaspare Miraglia e al compositore Antonio Fortunato. E’ stato bello quando alla fine dello spettacolo si sono detti entrambi molto colpiti dalla mia interpretazione.

 

L’approccio ad un opera contemporanea non è facile. Cosa diresti per convincere uno spettatore ad andare a vedere quest’opera dedicata a Falcone e Borsellino?

 

Innanzitutto che non si deve spaventare perché è musicalmente gradevole sin dal primo ascolto. E poi è uno spettacolo costruito molto bene a livello drammaturgico. C’è una parte in prosa dove due attori interpretano Falcone e Borsellino e danno vita ai loro ricordi e ai loro pensieri. Gli attori si inseriscono nell’ opera cantata che ha per protagonisti i tre solisti: La madre e il padre di tutte le vittime di mafia (rispettivamente soprano e baritono), e la Mafia, interpretata da un basso. Il coro riveste una grande importanza perché ricorda un po’ l’impianto teatrale delle opere Greche. E’ un’ opera che emoziona e commuove addirittura. Una parte molto struggente, ad esempio, è quella del coro delle voci bianche, diretto dal M° Giovanni Mundo, che rappresenta tutti i bambini uccisi dalla mafia. Un’altra cosa molto importante è che il libretto ha molte parti in Siciliano e questo da un certo colore. Insomma, per cantare questo ruolo devi essere, intanto una voce drammatica, poi devi essere sicuramente Siciliano per dare la giusta intonazione e il giusto colore. Non è semplice. E’ stato fatto il tentativo di italianizzare alcune parole, per rendere il testo comprensibile a tutti, però rimane la musicalità della parola siciliana. E credimi è uno spettacolo che ha lasciato tutti stupiti, anche quelli che erano un poco restii, perché è piaciuto. E’ piaciuto al primo ascolto e sono contenta di averne fatto parte. E un grande merito va a questi due ragazzi: Francesco Costa che è il Direttore del Coro Lirico Siciliano e Direttore artistico assieme a Giovanna Collica e ad Alberto Munafò che è il Presidente del Festival Lirico dei Teatri di Pietra che stanno portando in giro in Sicilia e non solo anche in tutto il mondo la Sicilianità, e mi auguro che questa collaborazione con loro continui.

 

Come è stata accolta dal pubblico?

 

Come ti dicevo musicalmente è uno spettacolo molto gradevole ed è costruito molto bene da un punto di vista narrativo, ma è, e rimane, un pugno nello stomaco.

Contemporaneamente questo spettacolo è arte, cultura, ma anche denuncia.

E questo a molti non fa piacere.

Piazza Dante, il luogo dove ci siamo esibiti a Catania, diretti dal Maestro Giuliano Betta, è stata certamente una Piazza difficile in una zona un po’ a rischio tant’è che quando il giorno prima facevamo la prova generale, c’è stato qualche dissenso. Lo potevamo percepire chiaramente quando si pronunciava la parola “Mafia” che la cosa non era gradita. Addirittura la sera in cui abbiamo cantato hanno fatto scoppiettare dei petardi mentre noi cantavamo. C’era un’ostilità palpabile e ci veniva da lontano la voce di un contrasto chiaro per quella denuncia che stavamo portando in scena.7

I bravissimi colleghi che mi hanno affiancata sul palco a Catania sono il baritono Francesco Verna (il Padre), il basso Riccardo Bosco (Mafia) e gli attori Alessandro Idonea (Falcone) e Bruno Torrisi (Borsellino).

Quest’opera è stata eseguita nel 2017 anche per le scuole e l’accoglienza è stata diversa. I ragazzi gradiscono questo approccio e non è vero che si annoiano a teatro. Sono stati bravi, attenti e alla fine hanno applaudito per poi continuare a discutere su ciò che avevano visto e a farsi delle domande.

E questo ci da molta speranza.

 

E’ anche una risposta a chi dice che le opere non si fanno più?

 

Esatto Le opere invece si fanno. Si continuano a fare e sono importanti. E invece di stravolgere la drammaturgia delle opere liriche tradizionali, con la scusa di avvicinarle all’attualità, si dovrebbe invece puntare su queste Opere contemporanee che parlano del nostro presente e lo fanno in modo intelligente e coraggioso.

 

A proposito di interpretazione. Come prepari i tuoi personaggi? Quando ti affidano una parte qual è la prima cosa che fai?

 

Faccio uno studio introspettivo e psicologico del personaggio. Studio quel personaggio, il momento storico in cui vive, cosa è avvenuto intorno a lui, perché si comporta in un determinato modo, perché ha certe reazioni. Cerco una risposta a tutte queste domande. E anche qui devo ringraziare la mia insegnante Claudia Carbi che mi ha insegnato a fare questo lavoro. Una volta completato lo studio psicologico mi calo completamente nel personaggio, anzi, io divento il personaggio e gli do voce. Quindi c’è un lavoro veramente minuzioso di introspezione psicologica, dopo di che vengono la musica, le note, e allora scelgo che colore dare alla voce. Per esempio, se devo cantare Gilda non le darò mai la stessa voce di Norma. Per farti capire meglio ti faccio un esempio chiaro e lampante. Un episodio che si è svolto qualche anno fa al teatro Donizetti di Bergamo. Durante un’audizione io portavo proprio Lucrezia Borgia con “Era Desso il figlio mio”e un brano dalla Linda di Chamonix. La mia voce nel cantare il dolore di una madre per un figlio morto era completamente diversa da quella con cui cinque minuti dopo interpretavo la Linda di Chamonix. I maestri che mi hanno ascoltato erano allibiti, a dir poco, perché la voce era tanto cambiata da sembrare quella di una persona diversa. Anche quando io ho cantato Romeo a Martina Franca, per intenderci, io non ero più Clara Polito, ero Romeo, e la mia voce sembrava quella di un ragazzo. Sembra incredibile ma così è. Basta pensarlo di essere un ragazzo per diventarlo e dare al pubblico l’impressione di avere davanti un uomo e non invece una donna. Mi spiego? Tu devi essere quel personaggio. Non presti solo la voce, diventi quel personaggio, ed è solo così che puoi essere credibile in scena. Ma per ottenere tutto questo alla base c’è lo studio introspettivo, psicologico e storico e solo così puoi fare questo lavoro.

Ad esempio uno dei ruoli che ho interpretato tantissimo ad inizio carriera è quello della Regina della notte. E la mia regina della notte è cattivissima. Fa paura. Ma deve essere così perché basta vedere le cose che dice, gli anatemi che manda, le maledizioni che profferisce per capire che la voce deve essere drammatica di coloratura e deve essere affrontata in questo modo da un cantante.

E anche a questo serve lo studio perché se uno si va a leggere la sua storia vede che è quella di una donna tradita dal marito, tradita dalla figlia, ed è così che nasce la sua cattiveria e il suo spirito vendicativo. E tutto il dolore e l’astio che prova lo riversa sul mondo intero.

 

Secondo te cosa sta accadendo nel mondo del teatro dell’opera lirica in questo momento?

 

Temo che si stia puntando troppo sull’estetica e che questo penalizzi le voci. C’è un culto dell’immagine che predomina. Il ché non è sbagliato in assoluto ma lo è nel momento in cui si vogliono solo cantanti giovani e belli. E per giovani intendo dire che appena ti avvicini ai 40 anni sei considerato già vecchio. Finito. E questo spesso fa bruciare le tappe ai cantanti che finiscono con il cantare ruoli troppo pesanti per loro e si rovinano.

E’ necessario ricordarsi sempre che le voci, soprattutto quelle un po’ più scure, cominciano a formarsi e ad essere pronte per il palcoscenico dopo i 35 anni. Non si possono dare ai giovani cantanti ruoli troppo pesanti. E’ il modo più semplice per ammazzare le loro voci.

La mia insegnante Claudia Carbi diceva che, ad esempio, la voce del soprano comincia ad essere matura e solida, per affrontare i repertori drammatici di una certa consistenza, dai 40 ai 50 anni.

Certe volte il cantante ha la sensazione di essere merce su uno scaffale. Hai 40 anni? Sei troppo vecchio. Via! E avanti il prossimo. E questa cosa è davvero triste.

 

Qual è la bellezza di questo lavoro?

 

La possibilità di salire su un palco e diventare un altro. Fare quelle cose che nella vita reale non fai. E’ uno sfogo. Un bellissimo sfogo. Rimane per me il lavoro più bello del mondo. Non esiste un giorno della mia vita in cui io non pensi al canto, allo studio e al teatro.

 

Quanto ti è mancato il palcoscenico e il rapporto con il pubblico a Teatro in questi due anni di pandemia?

 

E’ mancato tantissimo perché per noi cantanti il pubblico è come l’ossigeno. E’ incredibile ma è così. Le registrazioni ti danno più tranquillità ma il vero artista ha bisogno del palcoscenico e di misurarsi con il pubblico. C’è sempre, poco prima di entrare in scena, il battito accelerato, l’adrenalina che scorre, la paura, ma poi quando cominci a cantare passa tutto. Quei momenti sono veramente importanti e quando non ci sono mancano come l’aria. Sembra di non riuscire a respirare.

Questo è quello che ho provato.

 

C’è un filo invisibile che unisce gli artisti al pubblico durante uno spettacolo?

 

Si, è un dialogo tra gli artisti e il pubblico che termina nell’applauso. Ed è bellissimo quando ti applaudono e da quello capisci veramente di essere riuscita a trasmettere un’emozione al pubblico. Appena finisco di cantare un’aria c’è sempre quell’attimo di sospensione e di tensione, e poi senti che parte l’applauso, è un’emozione pazzesca. Gli applausi, la richiesta di bis, chi urla “Brava!!!”. Anche gli applausi a scena aperta sono bellissimi e a me capita spesso. Gli applausi fanno parte dello spettacolo. Quelli sono i momenti che ti ripagano di tutto e in cui dici a te stessa: “Ecco, io servo a questo”. Lo avverto in modo fortissimo questo legame con il palcoscenico, con il pubblico e con l’arte, e questa cosa per me è linfa vitale. Ecco cosa mi è mancato in questi due anni terribili.

 

Hai interpretato tanti ruoli drammatici ma hai fatto il tuo debutto con il Così fan tutte di Mozart nel ruolo di Despina. E’ più facile far ridere il pubblico o farlo piangere?

 

Sono entrambe due cose difficilissime in teatro, ma non sono due cose poi così distanti. La mia insegnante mi ha sempre detto: “ Se sai far ridere sai anche far piangere.” E io avendo iniziato appunto con ruoli divertenti e sapendo quanto era difficile riuscire a divertire il pubblico non posso che darle ragione. D’altra parte spesso capita di vedere attori brillanti divertentissimi che poi quando interpretano ruolo drammatici riescono a commuovere. Perché è così. Sono due facce della stessa medaglia.

 

Cosa hai in progetto per il nuovo anno?

 

Negli ultimi anni ho affiancato alla mia carriera di cantante quella di didatta. E’ difficilissimo essere un buon cantante, ma è difficilissimo anche essere un buon insegnante e soprattutto bisogna essere sempre consci di avere una grande responsabilità nei confronti degli allievi. Un insegnante che non abbia questa consapevolezza può fare dei danni irreversibili. Ci vuole rispetto e una grande conoscenza del mezzo vocale come strumento.

Il 2023 ho deciso di dedicarlo ad un progetto che mi sta molto a cuore ed è rivolto ai giovani cantanti ma anche a tutti quelli che vogliono capire qualcosa di più sul bel canto.

Spero di realizzare altre incisioni.

E poi, ovviamente, auspico di poter ritornare in teatro con i ruoli che amo. Mi piacerebbe cantare ancora Norma, ad esempio. Debuttare in forma scenica nel Pirata, in Anna Bolena, e anche ne I Puritani e Lucia di Lammermoor. Tutti ruoli che ho cantato sempre e solo in concerto.

 

 

Cosa ti auguri per il futuro?

 

Spero di portare a felice conclusione tutti i miei progetti. Di poter portare a teatro tutti quei ruoli che voglio interpretare. Mi auguro che sia data la possibilità alle voci grandi di cantare e non continuare a tenerle in sordina.

E soprattutto mi auguro che siano le voci a tornare protagoniste dell’opera e che non siano invece trattate come un contorno.

Da docente io sto formando delle voci e sono voci belle, costruite come devono essere costruite, e spero che un domani tra dieci, venti anni, grazie a loro, si possa ancora gioire nel sentire il vero belcanto in teatro.

 

Di Loredana Atzei

 

 

Alcuni contributi video

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Clara Polito nella Norma (credit foto: Cyril Cauvet)

 

 

Nota (le foto di copertina sono di Francesco Polito)

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Kevin De Sabbata

2024-07-05 03:10

La recensione del nostro inviato Kevin De Sabbata a Birmingham per la recita di Madama Butterfly. Splendido Pene Pati nel ruolo di Pinkerton

Asti Lirica 2024: quattro prossimi appuntamenti musicali da non perdere
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Asti Lirica 2024: quattro prossimi appuntamenti musicali da non perdere

Admin

2024-07-02 22:00

Prosegue con successo l'edizione 2024 di Asti Lirica con altri quattro appuntamenti assolutamente da non perdere

Helvetia Lyrica, una missione: preservare il patrimonio lirico
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Helvetia Lyrica, una missione: preservare il patrimonio lirico

Antonio Indaco

2024-06-21 01:00

Nasce l'associazione Helvetia Lyrica per la preservazione del patrimonio lirico. Ce ne parla in nostro corrispondente Antonio Indaco

Al via il 30 giugno l'8^ edizione del Chianni Opera Festival con
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Al via il 30 giugno l'8^ edizione del Chianni Opera Festival con "La Traviata"

Admin

2024-06-17 01:27

Anche quest'anno si rinnova la magia di suoni e colori nel bel borgo medievale toscano. Il primo appuntamento sarà il 30 giugno con La Traviata

Inaugurata alla Fondazione Cerratelli la mostra di costumi
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Inaugurata alla Fondazione Cerratelli la mostra di costumi "100 volte Puccini"

Admin

2024-05-19 19:36

Inaugurata la mostra di costumi "100 volte Puccini" a Villa Roncioni, sede della Fondazione Cerratelli

L'Italiana in Algeri al Teatro Lirico di Cagliari - Recensione di Loredana Atzei
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L'Italiana in Algeri al Teatro Lirico di Cagliari - Recensione di Loredana Atzei

Loredana Atzei

2024-05-16 22:39

La recensione dell'Italiana in Algeri andata in scena al Teatro Lirico di Cagliari, recita del 12 maggio. di Loredana Atzei

Viva Verdi! Un Requiem dalla bellezza eterna - di Antonio R. Indaco
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Viva Verdi! Un Requiem dalla bellezza eterna - di Antonio R. Indaco

Antonio Indaco

2024-05-11 01:05

Grande serata Ginevra con il Requiem verdiano. Recensione di Antonio Indaco

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"Le Interviste del Loggione" 2024 - Serie Pucciniana - Intervista a Vivien Hewitt, regista

Admin

2024-04-26 23:13

Le interviste del Loggione 2024 - Intervista al Vivien Hewitt, regista

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"Le Interviste del Loggione" 2024 - Serie Pucciniana - Intervista ad Emiliano Sarti, musicologo

Admin

2024-04-19 23:34

Intervista al musicologo Emiliano Sarti per la nuova serie detta "Pucciniana" delle Interviste del Loggione

Don Giovanni - spettacolo in prosa irriverente in scena allo spazio Balabìott di Pisa
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Don Giovanni - spettacolo in prosa irriverente in scena allo spazio Balabìott di Pisa

Admin

2024-04-12 03:41

Sabato 13 e domenica 14 in scena allo spazio Balabìott di Pisa la rilettura in prosa di Don Giovanni di Annalisa Pardi

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