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Musica e Parole

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Intervista a Stefano Vizioli

2019-10-05 13:01

Admin

News, Interviste, Interviste artisti, musica, opera, intervista,

Intervista a Stefano Vizioli

Una piacevole conversazione con Stefano Vizioli, uno dei più brillanti registi italiani, a cura del musicologo Alessandro Ceccarini. Vizioli, direttore artistic

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Ho il piacere quest’oggi di incontrare il M° Stefano Vizioli, importante regista italiano e direttore artistico del Teatro Verdi di Pisa. Una conversazione franca, piacevole, che ha generato questa intervista esclusiva per il sito Musicainopera.
Pisa, 23/09/2019

-Carissimo maestro quando è nato il suo amore per il teatro lirico,come è progredito e quali frutti ha dato? 
Credodi aver avuto 4 anni quando, assistendo in televisione ad una Bohèmedi Zeffirelli dissi a mia madre di voler "fare l’opera", lospettacolo in cui gli attori cantano invece di parlare. Mi resipresto conto da subito che oltre alla passione poteva essere unaprofessione.Miamadre mi disse "Benissimo! Ma se se vuoi fare l’opera devi primastudiare la musica" e mi mise a studiare pianoforte. Mio padreera amante dell’opera e mia madre si dilettava (seriamente!) asuonare a 4 mani con una nostra vicina di casa, ricordo che Beethovenera il più gettonato, lei e la sua amica eseguivano al piano le 9sinfonie con una certa disinvoltura. I miei non avevano a che faredirettamente con il mondo della musica ma in qualche modo ne facevanoparte. E poi ho degli avi cantanti, il trisnonno Francesco Reduzzifaceva alto comprimariato e ha cantato nella prima di Stiffeliodiretto da Verdi a Trieste.Credoche lavorare nella lirica partendo dalla conoscenza tecnica dellospartito mi sia sempre stato di aiuto, nell’81 mi sono diplomato inpianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, e benpresto capii che il palcoscenico stesso poteva considerarsi unostrumento. Non basta dire "Quanto mi piace l’opera: lafaccio!"... è come dire "Quanto mi piace Liszt: losuono!" Se non hai dieci dita che funzionano Liszt non losuoni, se non conosci le regole del palcoscenico non "lo suoni".Homesso l’iniziale studio del pianoforte al servizio del palcoscenicocoprendo vari mestieri, dopo il diploma ho iniziato con la gavetta,esperienze importanti che mai rinnegherò, che sono statefondamentali per conoscere "lo strumento palcoscenico". Iniziaial Festival Barga, fui utilizzato come maestro collaboratore, maestrodi palcoscenico e maestro luci, suonai le campane nel Rigoletto (13colpi anziché 12 a causa dell’emozione, che dopo il 7° colpo mifece perdere il conto!), in Bohème come comparsa ho portato lacassetta della spesa a Schaunard, da li una serie di esperienze anchecome assistente e aiuto regista che mi hanno portato in giro perl’Italia e all’estero, arricchendomi umanamente e artisticamente evenendo a contatto con artisti come Kraus e la Trojanos, Pretre eBartoletti, Ludwig e Freni, che ovviamente avvicinavo con timorereverenziale essendo lo schiavo del regista di turno, ma rubando conarte e a tempo il più possibile. 

- Ilpalcoscenico del teatro è quindi uno strumento. La cura di ciò cheavviene sul palcoscenico è del regista e degli artisti che lopopolano. Come far capire l’importanza della preparazione, qualistrumenti, quali le cose da sapere per preparare bene uno spettacoloteatrale di opera lirica? Nelle masterclass si affrontano spesso  varie tematiche, come far capire alle giovani leve l’importanza del lavoropersonale? 
Lamaster è un’esperienza "educazionale", quando sono docente mettosempre in conto di dover dare un ripasso generale delle nozioni dibase, parlare di concetti difficili con parole semplici, in modo dafar progredire piano piano i ragazzi, senza metterli in difficoltàsubito con tecnicismi, e cercare come posso di intuire le loropersonali capacità. Altropaio di maniche invece quando mi trovo ad affrontare le prove per unospettacolo dove firmo la regia. Ho fatto regie in tutto il mondo e,ahimè, mi è capitato di trovare a tutte le latitudini alcunicantanti impreparati alla riunione di compagnia. Vista la situazioneodierna del teatro lirico, in cui l’offerta di elementi è di granlunga superiore alla disponibilità di occasioni lavorative, è moltograve arrivare impreparati, come trovo immorale studiare la partedurante le prove, bloccando o ostacolando il lavoro del regista deldirettore e degli altri colleghi che arrivano invece preparatissimida subito.Leprove di uno spettacolo sono la fine di un lavoro, non l’inizio,bisogna arrivare preparati musicalmente dal primo giorno per poterinsieme approfondire i personaggi, entrare nei segreti del testo edella partitura, infondere personalità alle note e alle frasiscritte dal compositore per tradurle decentemente in gesti,movimento, insomma: fare arte, non imboccare con il tastino le noteche non si sono studiate, quello lo fai a casa e non fai perderetempo ai colleghi. Questo non riguarda solo i cantanti ma tutte lecategorie, in primis quella dei registi.

-Come educare al teatro? Come si scelgono i titoli di una stagionelirica, e in particolare quali sono stati i criteri di scelta deititoli della prossima stagione del Teatro Verdi di Pisa? 
Ognivolta che devo creare una stagione mi chiedo: "Voglio offrireal pubblico un teatro rassicurante dove gli spettatori si siedonoaspettandosi di ritrovare un vecchio amico sul palcoscenico, oppureuna proposta che pone delle domande, muove dubbi, quesiti e sfide?"Facciomie le parole di Cicerone "docere delectare movere", far siche il teatro sia il luogo del conoscere e non solo del riconoscere,e credo questo proprio sia uno dei doveri di una direzione artistica.Sonoalla prima esperienza in ambito dirigenziale, ho svolto sempre la miaprofessione di regista free lance avendo sempre degli obbiettivi "atermine", in ogni scrittura o tournée. Il direttore artisticoinvece deve avere una visione temporale e prospettica più ampia e alunga gittata, assicurarsi cantanti anni prima per non perderli,cogliere le occasioni di preziose collaborazioni per coproduzioni,sapere le date di possibili anniversari, e creare alchemicamente unmenù che soddisfi un po’ tutti i palati. Come direttore artisticoritorno a "fare la gavetta" e imparo meccanismi e dinamiche chemi erano sconosciute, una bella palestra di cui sono grato a Pisa perl’opportunità concessami. Inuna città fertile di cultura come Pisa è importante interfacciareil teatro con l’università e con le tante associazioni culturali,aprire le prove alla città, poter offrire esperienze anche aigiovani e realizzare progetti con le scuole. Vado spesso le mattinenelle scuole di Pisa e dintorni a raccontare i titoli delle opere chei ragazzini verranno a vedere, ma vado anche in centri polivalentiper anziani, incontro la città nelle sue molteplici realtà. E’ meraviglioso e di grande soddisfazione vedere come i bambini restinoaffascinati a teatro e scoprano anche nuovi mestieri di cuiignoravano l’esistenza. 

- Oltrea opere di repertorio molto famose come Tosca ci sono a Pisa incartellone alcuni titoli più ricercati. Alcune persone non hannocognizione del repertorio, dell’umana sconfinata produzione di opereliriche, può risultare l’esecuzione di un’opera un vezzo o una cosatroppo noiosa magari a causa della sua lunghezza? 
Ilconcetto di noia spesso è dato dalla qualità di uno spettacolo, unRigoletto sciatto e fatto male con cantanti che deambulano senzasapere cosa fare è noiosissimo. La routine è la morte del teatro esi badi bene che tengo molto alla differenza fra routine e"tradizione", sono due concetti assai diversi ma dal labileconfine.Certonon si misura con l’orologio il valore di un titolo o di unospettacolo, ma forse per il male che affligge i nostri tempi, lafretta, si tende apparentemente a preferire ciò che durameno. Quest’anno faremo Guglielmo Tell: nonostante l’enormeattesa e desiderio da parte della città di riascoltare questoindiscusso capolavoro, ho udito qualche sparuta voce recriminaresulla lungaggine di questo spartito e paventarne la noia. Il miodovere è di far cambiare idea e proporre insospettate piacevoliopportunità. Devoinoltre spezzare una lancia per i registi che propongono riletture unpo’ alternative: se si rispetta lo spartito e quelle dinamiche cherendono immortali la freschezza di un testo attraverso i secoli conuna rilettura intelligente e attenta, non si pecca di lesa maestà.Il teatro non è routine, e noi stessi non siamo più quel pubblicodi 200 anni fa, e comunque è meglio sgomentarsi che sbadigliare. Laricerca dello scandalo tanto per farsi pubblicità non lo accetto, masono favorevole a proposte meno prevedibili e rassicuranti, cheabbiano coerenza e restino fedeli al senso più profondo di unapartitura. Penso all’attualità di libretti come L’incoronazione diPoppea, dove sono contenuti nella trama tematiche quali il potereconseguito attraverso il sesso, la spregiudicatezza, l’umiliazionedel bene a favore del male, la violenza fisica e morale e il ricattopsicologico, il clientelismo e il nepotismo.. potrebbe invece che nel’600 essere ambientata senza problemi nei giorni nostri, tantomoderne sono le dinamiche e le tortuosità narrative e psicologichedi quell’immortale bibbia di teatro. 

-Maestro ci parli un po’ dei titoli della prossima stagione 
Lastagione apre con un titolo poco conosciuto ma molto affascinante,L’Empio punito di Melani, la prima opera dedicata al mito di DonGiovanni. E’ questo un po’ il mio marchio di fabbrica, aprire lastagione con un titolo ricercato, attirare curiosità di massmedia ecritica nazionale e internazionale che si sposta a Pisa a vedere coseche non vedono altrove.Poicome fil rouge in una sorta di dittico ideale, presentiamo il DonGiovanni di Mozart / Da Ponte nella nuova lettura di Cristina Pezzolie con la direttrice d’orchestra Erina Yashima, due donne al timoneper un soggetto machista e in fondo misogino come questo.Afebbraio Il capolavoro massimo di Rossini: il Guglielmo Tell, operaamata dai pisani e a me richiesta da oltre due anni. Altro titoloassente dal Verdi da un po’ di tempo è l’Ernani di Verdi. Avremoinoltre una coproduzione di Tosca a novembre subito dopol’inaugurazione barocca.Ritornaa chiusura di stagione la bella opera di Nino Rota su testo diEduardo De Filippo "Napoli milionaria" con lapartecipazione dei vincitori di OperaStudio, il fiore all’occhiellotoscano che da ormai più i vent’anni può considerarsi autenticafucina di giovani talenti della lirica. 

-Cosa manca al teatro dei nostri giorni? 
Lerisorse sono sempre di meno e la richiesta di qualità da parte delpubblico sempre crescente. Le due cose dovrebbero andare di paripasso. Spero vivamente che si riesca a costruire un teatro dove sipossa produrre di più in autonomia anche se è imprescindibile ormaila politica giustissima delle coproduzioni. A Pisa sono aumentati gliabbonamenti, c’è un’ attenzione alle nostre stagioni da partedella critica nazionale ed internazionale e il pubblico riempie lasala tanto per Tosca quanto per Voix Humaine, il pubblico pisano èattento, curioso e un po’ sospettoso all’inizio, ma anche prontoad accogliere le sfide ed entusiasmarsi quando le proposte sono menoscontate e prevedibili, ricordo una per tutte il trionfo delrossiniano Mosè in Egitto dell’anno scorso. Sono fiducioso siriesca a trovare sempre nuovi stimoli e risorse per andare incontro aquesto entusiasmo che deve essere un vanto per tutti i pisani e ifruitori del Teatro Verdi di Pisa. Su questo anche gli sponsorprivati dovrebbero avere un maggior senso di appartenenza eun’attenzione a quel simbolo di cultura, civiltà ed etica che ilteatro rappresenta.
Graziemaestro Vizioli per questa amichevole intensa chiacchierata, sperovivamente da pisano che la sua opera possa continuare ed esserericonosciuto il suo impegno come direttore artistico e uomo che amaprofondamente il teatro lirico. AlessandroCeccarini

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