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MARIA LUISA NAVE, L’IMMERITATO OBLIO DI UNA REGINA
Ho tanti ricordi legati a Maria Luisa Nave, mezzosoprano dallo sconfinato repertorio, che ha cantato con i più grandi della seconda metà del ventesimo secolo e che la stampa ha vergognosamente messo nel dimenticatoio.
I melomani spesso si schierano per questo o per quello. Alle volte anche con maniere inurbane.
Per quel che mi riguarda cerco di evitare il fango, ma ho il difetto opposto di farmi prendere da certe interpretazioni poco canoniche che però mi suscitano grande impressione e passo sopra a cedimenti tecnici e note non sempre inappuntabili e questo mi è stato rimproverato in diverse occasioni.
Ma nel caso della Nave, non ci sono scusanti o schieramenti.
Era brava vocalmente, credibile scenicamente, affidabile, capace di rispondere alle richieste tecniche di partiture complesse, pronta a cantare in spettacoli che si sapeva che non sarebbero stati ripresi.
Oltretutto seppe ritagliarsi un posto ben preciso in un momento in cui cantavano mezzosoprani dalle doti celebratissime, dalla Verrett alla Ludwig, dalla Horne alla Terrani, dalla Barbieri alla Cossotto.
Un suo limite, se proprio una critica gliela vogliamo fare, è che non era una specialista.
Nel senso che non possiamo parlare di lei come di una rossiniana o di una verdiana.
Ma non perché fosse approssimativa, semplicemente perchè era in grado di cantare con precisione e competenza un numero enorme di ruoli.
Nata a Bassano del Grappa, iniziò gli studi musicali con il pianoforte, a Padova, ma presto la voce ebbe il sopravvento e si diplomò al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia.
Si specializzò anche in canto gregoriano, consolidando le basi tecniche su cui resse la sua carriera.
Riuscì a perfezionarsi con Giulietta Simionato, che in quel periodo aveva scelto di lasciare il mondo dell’opera, peraltro anche con lei non proprio generoso.
Ostinata, dopo molti tentativi la Nave riuscì a farsi sentire da quel mito del palcoscenico e fra le due scoppiò l’intesa, che portò a personaggi apprezzati da pubblico e critica, come la Cenerentola cantata nel 1974 a Parma, una sorta di passaggio di testimone fra due grandi voci nello stesso ruolo.
La carriera, a quel punto, era già iniziata alla grande: nel 1973 prima aveva trionfato a Philadelfia in La Favorita accanto ad un giovane Luciano Pavarotti al massimo delle doti vocali.
Nel 1972 prima aveva interpretato una grande Marina nel Boris Godunov alla Fenice.
Fu intensa Santuzza in Cavalleria Rusticana, con una voce dalle note basse piene e gli acuti squillanti, tanto da entusiasmare il pubblico raffinato di Parma nel 1969 ed esaltare la critica austriaca in occasione delle repliche viennesi del 1973.
In America fu eccezionale Leonora in Il Trovatore, come testimoniano le registrazioni discografiche.
Ho avuto la fortuna di ascoltala molte volte.
La prima fu nel 1971, in uno spazio difficile come l’Arena di Verona.
Coinvolgente Fenena in un Nabucco di cui ho già scritto.
Riuscì a dare evidenza e giusto peso ad un ruolo fondamentale per la narrazione drammaturgica di quel lavoro, che però spesso scivola via .
Nel 1973 a Trieste fu Laura in La Gioconda e seppe tenere testa ad una interprete straordinaria come la Janku, dotata di una voce gigantesca.
Fu effervescente Preziosilla prima, nel 1975, in Arena, accanto alla Molnar Talaijc, Bergonzi, Bruson, Foiani e Giaiotti e , nove anni dopo, a Trieste, in quella Forza che schierava Lavani, Merighi, Ariè, Giaiotti, Zancanaro, Trimarchi, Zerbini.
Univa alla voce sicura una presenza scenica accattivante, che resero la sua zingara indimenticabile.
La stagione triestina 1984-85 si aprì con la sua credibile Dalila, accanto ad un Carlo Cossutta all’apice della potenza vocale e si chiuse con Jenufa, spettacolo intenso e complesso, che la vide fra i protagonisti accanto a Carmen Lavani, Mirna Pecile, Carlo Bini, Fulvia Ciano ed un trio di giovani voci che faranno moltissima strada: Gloria Scalchi, Cinzia De Mola e Francesco Ellero d’Artegna.
Una vera metamorfosi: dalla sensualità di Saint Saens alla drammaticità di Janaceck che metteva in evidenza le straordinarie capacità di questa raffinata interprete, che sicuramente meriterebbe maggior spazio nella stampa, maggior attenzione dai mezzi di comunicazione, sensibili più a chi urla sguaiatamente che a chi ha ricamato emozioni con bravura ed eleganza.
